sabato 21 dicembre 2013

Piantàa fra l'erba e i sas...

Non è la prima volta che in redazione si parla di territorio, salvaguardia ambientale, tutela del patrimonio naturale. Il dibattito è sempre aperto, l'argomento è sempre attuale, i problemi sono chiari a tutti, le soluzioni un po' meno. Ad ogni modo, è vero che ciò che conta sono i fatti, ma anche il solo parlarne denota attenzione, amore per il proprio ambiente, per il proprio paese. E pure una certa preoccupazione.
Forse quando in paese non se ne parlerà nemmeno, allora sì, per Premana sarà arrivato un brutto momento.
Vi proponiamo una sintesi dell'accorata discussione svoltasi in redazione sull'argomento. Chissà che qualche spunto non possa essere ripreso da qualche programma elettorale in occasione delle ormai prossime elezioni amministrative...
Chi desidera può lasciare il proprio commento alla fine dell'articolo.

Le trasformazioni in atto
Per trattare dell'argomento ambiente a Premana, non si può prescindere da un'analisi della situazione. Le zone prative-pascolive continuano a ridursi in modo marcato; lo stato di conservazione dei fabbricati, specialmente nei lööch, o perlomeno in alcuni, è in peggioramento. C'è un progressivo abbandono delle attività legate all'agricoltura, alla forestazione e alla zootecnia montana. È iniziata già da un po’ la riconversione di alpeggi e lööch: da una funzione a supporto dell’economia famigliare ad un utilizzo in prevalenza di riposo e svago (la finalità principale delle nuove strade di accesso ne è la conferma).
Zona Ronco, anni '80......
Le cause, anch'esse, sono note: passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale e post-industriale, economia più redditizia e comoda, invasività dei modelli esterni, generale difficoltà della produzione rispetto alla distribuzione, progressivo smarrimento della trasmissione di passioni e competenze fra generazioni.



I connotati negativi
Le conseguenze di questa trasformazione in atto hanno diversi connotati negativi: maggiore integrazione delle nuove generazioni con l’esterno, con conseguente perdita di una cultura legata strettamente al territorio che, sebbene difficile e povero di risorse, era amato e rispettato in quanto fonte di sostentamento; omologazione ai modelli culturali diffusi della città e del consumismo; perdita di una identità particolare e del senso di comunità; rischio di spopolamento; utilizzo eccessivo del territorio come risorsa (limitata) da spremere in modo intensivo per logiche di profitto (es. centraline idroelettriche).
.....e anni 2000

Cosa fare?
A questo punto cosa si deve fare? Cosa si può fare? Non si può pensare di fare miracoli, le ristrettezze di fondi pubblici senz'altro sono un grosso problema, ma vanno lucidamente individuati gli ambiti possibili di intervento. Per dirla con uno slogan, si può e si deve salvare il salvabile, ma bisogna farlo in fretta: è risaputo e indiscutibile che indietro non si torna e migliorare la situazione ambientale è difficile. Sarebbe già molto fermare il declino. E cosa c'è di salvabile? Molto, molto più di quello che un'analisi pessimistica potrebbe far pensare.

Iniziative attuali, positive come stimolo
Pur modificata e ridotta nei numeri, la vita di alpeggio è ancora apprezzata; gli ambienti e le relative "infrastrutture" sono ben tenuti; le costruzioni sono tutte efficienti. Va comunque considerato che diversi sono gli operatori in ambito agricolo. Forse ci sono più capi di bestiame a Premana oggi rispetto a 10-15 anni fa, anche se per la maggior parte concentrati in 2-3 aziende. E a fianco di vere e proprie aziende sono molti gli appassionati che allevano pecore e capre, e accanto ai contadini "storici" (a cui andrebbe innalzato un monumento per la passione profusa) anche diversi trenta/quarantenni contribuiscono attivamente alla salvaguardia ambientale.
Bisogna partire da queste esperienze, iniziative positive che ci si augura siano da stimolo e da esempio. E chissà che l’opera di sensibilizzazione promossa dal convegno su "Una cooperativa agricola a Premana" di una ventina d'anni fa, non abbia portato i suoi frutti.
È riscontrabile che, se tutto sommato le aree faticosamente vengono mantenute sfalciate, rispetto a qualche decennio fa un numero minore di operatori si cura di appezzamenti (concessi, ovviamente, in comodato) più ampi.

Salvare le migliori aree
Zona Porsciil, Züch, Dalben, anni 80.......
Nonostante le difficoltà, pure se i confini si restringono, rimangono grandi aree prative nella fascia dei lööch tuttora salvaguardate: Ronco, Porsciil-Züch-Dalben, ól Sorént fino a Pezzapràa de sóre, le aree vicino al paese, Sant'Antòni-Piaz-Creghencighe e Casnèe, Gòrle e tante altre zone magari più ristrette. (Chi taglia, ad esempio i prati dopo Lüerè, o prima de L'aquadüsc sotto la strada, sarebbe da premiare: siti impervi, ripidissimi, finanche pericolosi!).
Nel valutare i diversi possibili livelli di intervento, forse il primo livello e più urgente, ma anche il più immediato da mettere in pratica, consiste nel mantenimento di queste aree anche solo per finalità, diciamo così, "estetiche", qualora non più di supporto all'allevamento di bestiame.

....e anni 2000

Un territorio "bello"
Serve la consapevolezza che la finalità estetica non è una fissazione idealista ma ha un immediato risvolto economico-turistico. Faticosamente Premana sta cercando una vocazione più turistica, ma il primo requisito per questo è l'offrire un paese ed un territorio belli, apprezzabili esteticamente, che non diano l'idea di abbandono, di noncuranza. Quale turista apprezzerebbe una località se avesse l'impressione che nemmeno i residenti ne valorizzino la bellezza e l'accoglienza? Come sarebbe Premana se fosse circondata da prati come nei tratti di Casnèe o di Piaz?

 Il ruolo delle istituzioni
Chissà che un domani le future amministrazioni non giungano a prevedere un assessorato all'ambiente che si occupi di questo obiettivo: censire i prati da salvare, verificare che i privati almeno una volta all'anno sfalcino il fieno, e dove mancasse la disponibilità-possibilità del proprietario, verificare che altri non siano disponibili per curarsi di quel tale appezzamento, o per finalità di allevamento (da dàch al pégor...) o anche solo per hobby, per dare il proprio volontario contributo alla bellezza del paese. In questa fase il “pubblico” potrebbe avere un ruolo importante, prima di sensibilizzazione, poi magari, per quanto possibile, anche con un budget destinato a questa finalità (quanto potrebbero costare incentivi per mantenere le 5-6 aree citate, se paragonati, o meglio, affiancati, ai fondi spesi per la costruzione delle strade?).
Lavori socialmente utili?
Se un privato non riuscisse più a mantenere un dato prato, sarebbe un bel risultato se alcuni, agricoltori, volontari appassionati, o magari lavoratori socialmente utili con un piccolo contributo pubblico, una volta all'anno si curassero di un tratto magari piccolo ma ancora bellissimo e determinante per il colpo d'occhio estetico sul paese. Non si troverebbero persone (giovani, studenti, pensionati... tutti insomma!!) che per un bel paese, magari anche con modesti compensi, assicurino la cura di determinati tratti del territorio premanese? Forse l'aspetto organizzativo, di coordinamento delle energie disponibili, è determinante. Del resto è sempre stato così: se le iniziative sono organizzate, e non singole, hanno un migliore effetto (prova ne sia che él giornèe sugli alpeggi hanno un risultato sicuramente migliore che se fosse lasciato al singolo l'onere di fare spontaneamente la propria parte!).
L'importante è che non diventi d'un tratto incolto l'appezzamento in cui il privato non ha più la possibilità di lavorare. È un peccato sapere che ci sono prati ormai in abbandono che qualcuno era disponibile a sfalciare, ma i cui proprietari non hanno acconsentito, e quello che era un prato in pochi anni è diventato una distesa di frassini. Chi se ne è giovato?

Boschi e terrazzamenti
Proviamo a fare un esempio: la zona che va da Sant'Antòni alla Creghencighe passando per Piaz è una delle più grandi aree prative, la più vasta fra quelle adiacenti il paese. I Müregài da Piaz  sono un monumento al passato del nostro paese, che si è retto sulla dura agricoltura montana. Ora la fascia che va dal canàal de la Codàne fino al tornante dove termina la strada asfaltata, viene attraversata parallelamente da ben cinque strade, tra pedonali e carreggiabili. Tra queste strade, le scarpate che le costeggiano e i vari terrazzamenti, si sono creati corridoi stretti e ripidi, a volte di difficile accesso, difficilmente lavorabili a macchina. Cosa ne sarebbe se, a poco a poco, questi corridoi andassero a bosco e le piante che spuntano dai muriccioli diventassero sempre più grosse? Cosa rimarrebbe del colpo d'occhio sui terrazzamenti? Sicuramente la sensibilità di tutti eviterà questo scenario pessimistico, ma, se così non fosse, anche l'iniziativa pubblica potrebbe essere utile al mantenimento dei prati di questa vasta e bella area.

Incontro tra domanda e offerta
Anche per la silvicoltura sarebbe auspicabile un incontro tra domanda ed offerta, tra chi è disponibile, anzi, vorrebbe far legna e chi invece è proprietario di boschi ma non interessato allo sfruttamento. Che peccato vedere che qualcuno va a far legna in posti scomodissimi, mentre boschi ai margini della strada, o magari in mezzo ai prati di Ronco, vengono lasciati completamente in abbandono. Un incontro tra domanda ed offerta migliorerebbe il territorio, renderebbe meno faticoso il lavoro di chi si scalda a legna, e porterebbe qualche euro in tasca a chi lasciasse lavorare i propri boschi (comunque abbandonati).
La cura dell’ambiente per fasce
In un certo senso il problema della cura dell'ambiente va analizzato per fasce.
Forse la cultura che si è sviluppata nel mantenimento degli alpeggi andrebbe abbassata ai lööch. Lì già ora si lavora, non per guadagno, ma per il gusto del bello. Nessun, o quasi, risvolto economico, spiccata vocazione al lavoro volontario e di gruppo, attenzione al buon gusto e all'estetica. Pensiamoci: un tempo c'era la spasmodica ricerca di pascolo, e si andava al sciargnóon fin sulle creste, per dar da mangiare alle bestie; oggi invece in alcuni casi si portano sugli alpeggi animali quasi del tutto improduttivi (salvo üne quài majàde in compagnìe!) per far sì che i pascoli rimasti non vengano inghiottiti dal bosco! I nostri antenati osserveranno sorridendo...
La fascia degli alpeggi è stata riconvertita all'uso residenziale e mostra una spiccata attenzione alla salvaguardia del territorio. Le esperienze di monticazione sono ormai al lumicino, ma non mancano metodi originali e volenterosi di affrontare il problema. (E chissà che questi metodi non vengano abbassati anche ai lööch: pur di mantenere il territorio, magari tra qualche anno, anche a Porscìil o a Ronco, ci saranno manzööi o asini come sui mónt: sarà comunque meglio dell'abbandono).
L'importante è che continui il contesto di alpeggio, della compagnia, del lavoro di gruppo. Se le case di alpeggio diventassero solo seconde case con scopo residenziale, dove andare quando si vuole, con mezzi motorizzati, dove si cerca solo la comodità, dove si cercano diritti e si inoltrano pretese prima di offrire il proprio contributo. Allora sarebbe la fine anche degli alpeggi.




Serve un atteggiamento imprenditoriale
Certamente però il discorso ambientale, pur se finalizzato al "bello", non può essere staccato da quello economico. Senza uno stile imprenditoriale non si va troppo lontano. Senza soluzioni strutturate a livello economico non si può continuare. In fondo è vero che agricoltura e allevamento sono continuati fin che servivano per vivere, e le difficoltà sono iniziate quando il settore primario non è più stato vitale per il sostentamento.
Solo con la passione è complicato andare avanti, tra l'altro con un territorio di così vaste dimensioni. Agricoltura-allevamento sono troppo faticosi, specie in montagna, e troppo poco redditizi rispetto agli investimenti richiesti. (Poi è vero che anche dove l'agricoltura è redditizia, spesso la manodopera è straniera: la terra, si sa, è in basso...).
Non si può pensare a decine di aziende che facciano del settore primario la propria attività principale. Ma che il settore primario, adeguatamente organizzato e dotato di uno stile imprenditoriale, produca anche a Premana, magari a fianco del turismo, un supporto economico alle altre attività imprenditoriali tradizionali, non è così improponibile. Così avremmo i tre settori: primario (agricoltura), secondario (articoli da taglio) e terziario (turismo) affiancati.
L'obiettivo sarebbe quello di creare una situazione in cui quello che si fa per passione e per buon gusto non venga gettato via, ma diventi utile e sfruttabile da un'iniziativa imprenditoriale. Se io, per passione, decido di mantenere un prato, per esempio, a Dalben, daan se sòo mighe come majàl, a parità di "non guadagno" preferisco comunque che il fieno possa essere conferito e utilizzato da un'impresa agricola e non lasciato marcire.

La cooperazione
Difficile che si crei questo stile di collaborazione con un'impresa privata; una cooperativa potrebbe avere maggior senso ed essere maggiormente capita. Quello che la mia passione mi porta a fare per far bello il mio territorio, non viene buttato via, ma, pur se poco remunerato, viene sfruttato dalla cooperativa. L'interesse economico di un operatore professionale porterebbe ad acquistare il fieno della pianura, non a sfalciarlo; ma è qui che subentra la finalità primaria di una cooperativa: la salvaguardia del territorio, la cura del bello.

Tra passione e guadagno
Serve trovare una mediazione tra passione e guadagno: non si può pensare di fare tutto solo per passione, ma dall'altra parte non si può puntare a vivere solo della lavorazione di pochi prati, o dell'allevamento di qualche capo di bestiame. La cooperativa potrebbe forse fare da sintesi tra la passione e uno stile di gestione imprenditoriale. Il beneficio primario di una cooperativa non sarebbe comunque il guadagno o l'occupazione che crea, ma lo sbocco che crea per le iniziative diffuse, volte a mantenere il territorio.
La cooperativa non è partita 20 anni fa, ma magari è servita a qualcosa; magari saremmo messi ancora peggio se non ci fosse stato quel convegno... Ora  chissà che gli addetti attuali non sentano l'esigenza di unirsi per uno scopo comune e la cooperativa possa davvero maturare dal basso...
È pur vero che, al fianco di un iniziativa economica diffusa, rimarrebbe comunque lo spazio per iniziative economiche dove, a fronte certamente di grossi sacrifici, anche il guadagno non è comunque trascurabile. Pensiamo ad esempio all'alpeggio di Varrone.

Strade e ambiente
Negli ultimi mesi, parlando di territorio, è salito all’onore della cronaca l’argomento “strade”.
Come si pongono le strade nella cura dell'ambiente? Come contribuiscono al bello del nostro paese? Certamente le ultime due realizzazioni hanno denotato diversa attenzione a questo aspetto. Pur in contesti oggettivamente diversi, la cura nella realizzazione della strada che al momento arriva a Faèe non ha paragoni con la furia con cui è stata realizzata quella di Porscìil (che infatti ha già richiesto diversi successivi interventi). Per fortuna i mestéer 's impàre a fài. Se si cerca il bello certamente non regge il discorso: dobbiamo realizzare il più possibile coi pochi soldi che ci sono. Forse è più corretto: abbiamo questi fondi, realizzando una bella strada al massimo si arriva fin qui.

Nuove strade, né "sì" né "no", ma: "come?"
Parlando di strade forse bisogna smetterla di parlare di "sì/no" ma di "come": come realizzare, come finanziare, come gestire. Se si prende spunto da come viene disciplinata la fruizione delle due carreggiabili esistenti da decenni, allora non c'è da essere ottimisti. È noto, e non contestato, che sia corte bandìde. Nessun orario, nessun limite, mezzi senza permesso che vanno dove vogliono (basterebbe andare ad un past a prendere i numeri di targa per constatarlo), nessuna o poche sanzioni. I primi responsabili siamo noi premanesi, a volte poco amanti delle regole che tocchino i propri comodi. Non esiste il minimo rispetto delle segnaletiche: strade chiuse, in corso di realizzazione, utilizzate come se niente fosse. Sarebbe anche ora di iniziare a far rispettare le regole per un miglior benessere di tutti. Speriamo che si arrivi a una regolamentazione seria e rigida, che salvaguardi la fruibilità per i premanesi, senza scoraggiare quei pochi turisti che abbiamo.
Difficile che le strade portino a stravolgimenti dal punto di vista della salvaguardia ambientale (non si cerchi di far passare le strade come occasione di rinascita di agricoltura e allevamento...): se aiuteranno anche solo a mantenere l'esistente, avranno raggiunto un buon obiettivo.
L'importante è che vengano considerate davvero strade di servizio, non solo di comodità, o peggio ancora, di svago per far scorrazzare moto, quad e simili.
Torniamo un attimo indietro, al "come" gestire le strade. I permessi a pagamento non rischierebbero di diventare controproducenti? Si è scritto di incentivare chi mantiene un prato, magari a costo di lasciar marcire il fieno, e poi magari lo stesso dovrà pagare per transitare col trattore che porta la falciatrice? Il pagamento dei permessi non rischia di rendere poi difficile la manutenzione su base volontaria? Forse darebbe migliori risultati una regolamentazione rigidissima, ferrea, su chi può transitare, sugli orari, ma con corrispettivi economici poco più che simbolici (ma sanzioni certe).


Salvare i gioielli
Potrebbe poi nascere il problema dell'abbandono delle mulattiere, spesso risciolèe, se anche a Premana dovesse arrivare il momento in cui non ci piaccia più frequentare lööch e alpeggi a piedi.
La bisàghe, él spàdol, la strada lungo ól cantóon da Porscìil, sono gioielli ormai introvabili altrove.
Perché gli escursionisti affollano la Val Codera? Perché c'è una mulattiera da percorrere a piedi (che alle nostre strade acciottolate la base gnàa' i pée...), perché è diventato "di moda" giungere in un posto dove non c'è nessun veicolo, e perché sanno che trovano un rifugio aperto!
Se le nuove strade diverranno il ripiego al rovinarsi delle vecchie mulattiere, allora sarà una sconfitta. Se le nuove strade invece non saranno un'alternativa, ma solo un ausilio alla fruizione degli alpeggi, come da sempre avviene, allora avranno la loro ragione d'essere.



Finanziamenti pubblici: o troppi o niente
La conservazione delle strade pedonali risulta sempre più difficile. Certamente è un fatto educativo il non aspettare solo l'intervento pubblico. È sempre stata una nostra peculiarità il mantenimento spontaneo volontario; oggi prende piede sempre di più la richiesta, quasi la pretesa del contributo pubblico.
E qui salta all'occhio l'incongruenza tra l'indisponibilità di micro-contributi e i grossi finanziamenti, a volte, di opere non proprio coerenti con la salvaguardia ambientale.

L’amore per il territorio si trasmette educando

Per terminare il discorso, va rimarcato che alla base di tutto rimane l'aspetto educativo. La passione, l'amore per il territorio si trasmettono educando. Si educa ancora alla cura dell'ambiente, si educa ancora alla fatica, o i bambini al giorno d'oggi non devono più fare fatica, devono trovare tutto comodo? Capita ancora, come era abitudine fino a 15-20 anni fa, che i ragazzi già a 10-12 anni tornino a casa, anche da soli, a fare la spesa il mese d'agosto? Se nelle nostre famiglie questo aspetto verrà ancora curato, allora si porranno le basi per una lunga e soddisfacente permanenza quassù a Premana, nonostante le difficoltà. Se sapremo solo adeguarci alla cultura della comodità, della pretesa, del tutto e subito, allora le motivazioni per continuare a rimanere quassù potrebbero via via affievolirsi.

domenica 13 ottobre 2013

Centrali Mini-idroelettriche

Pubblichiamo un articolo ricevuto dal Comitato "Salviamo i nostri Torrenti"
CENTRALI MINI–IDROELETTRICHE NEL TERRITORIO DI PREMANA…TRA “VOCI” E “SENTITO DIRE” FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

Negli ultimi tempi si è sentito parlare spesso in paese di centrali idroelettriche,  a volte come chiacchiere da bar, altre volte sugli alpeggi magari in occasione dei “Past”, qualche volta sui giornali o su Valsassina News ma forse, perché ognuno possa farsi una propria opinione, è opportuno riportare i fatti in modo oggettivo per illustrare una situazione che inevitabilmente porterà pesanti conseguenze per Premana e per le future generazioni. Quanto esposto in seguito sono dati tecnici ed informazioni supportati da documenti ufficiali reperiti presso enti o ottenuti da tecnici del settore.
Per prima cosa sottolineiamo che il territorio premanese, così come altri comuni in Valsassina, è sottoposto ad un vero e proprio attacco da parte degli investitori privati che stanno sfruttando il grande business del momento; i forti incentivi regolamentati e previsti dal DM del 6 luglio 2012 fanno si che la realizzazione di piccoli impianti idroelettrici, che hanno un impatto veramente modesto sul fabbisogno nazionale di energia elettrica, generino invece per i soggetti realizzatori proventi per milioni di euro. Basti pensare alla centralina idroelettrica realizzata a giugno 2012 in località Ciudrino che ha generato, nel periodo che va dall'attivazione al mese di dicembre 2012 un fatturato a favore dei privati di 580.000€; le proiezioni su di un anno di produzione evidenziano un fatturato intorno ai 900.000€, fatturato che gli incentivi garantiranno ogni anno per i prossimi 20 anni.
Ma lasciamo perdere per il momento l’aspetto economico legato a questi investimenti e parliamo invece della ricaduta sull’ambiente e sulla nostra amata Premana; oltre alla centralina idroelettrica in località Ciudrino, è prossima la realizzazione della centrale idroelettrica sul torrente Fraina; per quest’opera l’iter autorizzativo è giunto alla fine e dopo un’ultima  “Conferenza dei servizi”, che si esprimerà solo in termini di transito sulle strade d’accesso alle aree e occupazione del territorio comunale, partiranno le ruspe. La stessa sorte toccherà a breve anche alla nostra amata valle del Forno visto che, dopo la conclusione di un contenzioso legale fra due ditte concorrenti, partiranno i lavori per la realizzazione delle opere di presa in prossimità della “Casine” del “Forno zott”. Nonostante rassicurazioni da parte dell’amministrazione comunale, sulla non realizzazione di un’ulteriore captazione sul Varrone, e nello specifico al “Pè di Larecc”, è bastato recarsi presso l’ente competente in materia, ovvero la Provincia di Lecco, per sapere che la ditta privata interessata a questa ulteriore captazione non ha ritirato, per il momento, la domanda di derivazione idroelettrica; quindi come per la centralina che verrà realizzata più a valle, sotto Casarsa, se l’iter dovesse continuare si arriverà fra qualche anno a vedere una bella gettata di cemento in corrispondenza del “Pè di Larecc” e la quasi totale scomparsa della nostra amatissima cascata del “Fontanoon dal Dent”. Si perché al di là dell’assicurazione di progettisti e responsabili di tali opere, che chiaramente hanno fortissimi interessi alla realizzazione, la legge prevede un rilascio d’acqua dopo la captazione di soli 50 litri al secondo che, come ampiamente descritto sulle relazioni di geologi e naturalisti del settore, appositamente consultati, sarà completamente assorbita dal fondo ghiaioso e frammentato del torrente. Ne è un esempio l’enorme moria di trote, ampiamente documentata da fotografie, verificatasi a valle della centralina in località Ciudrino, dove la mancanza d’acqua ha creato trappole mortali per i pesci per mancanza di nutrimento e surriscaldamento dell’acqua. Ma questo è forse l’aspetto meno rilevante delle conseguenze che il prosciugamento dei torrenti avrà sull’ecosistema del territorio premanese; purtroppo opere del tutto analoghe, già realizzate in Valtellina e nel Comasco, hanno
dimostrato l’impatto devastante che la mancanza del normale flusso dell’acqua nel letto del torrente porta in termini di regolamentazione del deposito di detriti e nel contenimento dell’avanzata della vegetazione. Con il passare del tempo la quasi totale assenza di acqua porta la vegetazione a ricoprire ed assorbire completamente il letto del torrente. Purtroppo tutto questo toccherà anche ai nostri amati torrenti sia in Val Fraina, che nella valle del Forno che nella Val Marcia; proprio quest’ultima valle che, viene riconosciuta a livello regionale come ultima corso d’acqua ancora sostanzialmente vergine, è soggetta ad una domanda di captazione che porterà al sostanziale prosciugamento di 2Km di torrente. Stessa sorte toccherà anche alla valle di Deleguaggio visto che, la procedura per la captazione del Varroncello di Pagnona, è solo sospesa grazie ad un’azione legale da parte di alcuni cittadini, ma potrebbe arrivare a breve ad una conclusione infausta per quel corso d’acqua. Tirando le fila del discorso e considerando la captazione ENEL presente da anni in località “Deleguaschè”, sul territorio del Comune di Premana incombono sette impianti idroelettrici (se tutti realizzati il territorio di Premana sarà quello con la più alta concentrazione di impianti idroelettrici in tutta Italia), per un totale di 14Km su 15 di torrente dove l’acqua scorrerà all’interno di un tubo. Per concludere il discorso e per avere una visione complessiva ed organica di tutta la questione, è utile però tornare anche sull’aspetto economico prima citato, perché quello che muove il settore idroelettrico, non è certo l’amore per l’ambiente o la necessità di incrementare la produzione di energia elettrica ma una pura questione speculativa. A fronte di un forte calo del fabbisogno d’energia elettrica in Italia, dovuto in particolar modo alla crisi economica, si assiste ad un proliferare di questi impianti idroelettrici, che generano flussi di cassa milionari dovuti agli incentivi governativi, che ogni cittadino si trova a dover poi pagare come voce di spesa sulla bolletta elettrica. Esaminando i progetti depositati in Regione dalle ditte private proponenti, si vede che complessivamente, non andando a considerare la derivazione ENEL esistente, lo sfruttamento dei nostri torrenti genererà ogni anno un flusso di cassa di circa 5.000.000€ a favore dei soggetti privati.

Certo come è stato scritto sul notiziario comunale “Premana Informa” di qualche tempo fa, possiamo pensare che i costi di manutenzione di queste centrali sono altissimi, che c’è una forte tassazione e elevati costi amministrativi e che quindi tutto sommato è stato conveniente accordarsi per avere un indennizzo di circa 130.000€ lordi all'anno lasciando fare le centrali ai privati; ma se fosse proprio come descritto dall'amministrazione comunale uno si chiede se questi soggetti privati siano dei folli o magari degli sprovveduti o gente troppo generosa che fa guadagnare il nostro comune sobbarcandosi spese e grattacapi....purtroppo è bastato andare a fondo negli aspetti fiscali e verificare nel dettaglio la situazione per capire che le cose non stanno proprio così. Questi impianti hanno costi di manutenzione irrisori, infatti se ben progettati e realizzati con macchinari e prodotti di qualità, sono sostanzialmente esenti da manutenzione; i millantati costi amministrativi propinati dall'amministrazione comunale sul notiziario informativo si riducono in realtà a pratiche amministrative ordinarie. Ma non c’è bisogno di stare a sindacare su quello che è stato detto per capire la realtà delle cose, basta infatti recarsi dai nostri vicini del Comune di Gerola Alta che, hanno deciso di non lasciarsi portare via l’acqua da dei privati, accontentandosi di misure compensativi irrisorie, ma hanno deciso che se proprio dovevano sacrificare l’acqua e l’ambiente era meglio farlo per il comune ed i propri cittadini.
Deflusso minimo vitale in zona Ciüdrìin


Si il Comune di Gerola ha deciso di non accontentarsi delle briciole, di misure compensative francamente ridicole come quelle prospettate dall’amministrazione premanese, ma ha portato avanti l’iter e ha realizzato una propria centrale fondando una società partecipata del Comune al 100%. I bilanci di questa società possono essere richiesti da chiunque ed è francamente avvilente, pensando a Premana, vedere che il comune di Gerola mette a bilancio un introito netto di 300.000€ all’anno. A fronte di un fatturato di 600.000€, generato dagli incentivi, e considerando le quote d’ammortamento dell’investimento iniziale, nei primi anni di vita dell’impianto il comune di Gerola ha ricavi netti per 300.000€. E’ facile immaginare quelli che saranno i ricavi dopo la conclusione degli ammortamenti ed è altrettanto facile capire perché a Gerola si stia procedendo alla costruzione di un Centro Sportivo e Polifunzionale e perché il sindaco di Gerola, stia pensando al pagamento delle bollette dell’energia elettrica dei propri concittadini oltre ad opere pubbliche di rilievo.


Chissà … magari dopo quest’articolo i premanesi avranno le idee un po’ più chiare e forse adesso alla sera nei bar le chiacchiere saranno quelle di persone più consapevoli, o forse non cambierà nulla e si lascerà che le cose vadano così; la cosa certa è che forse ai premanesi sarebbe piaciuto potersi esprimere su una cosa così importante, forse se informati delle forti ripercussioni sull’ambiente di Premana, i cittadini avrebbero potuto dire la loro supportando o condizionando così le scelte fatte dall’amministrazione … perché i premanesi amano il proprio territorio e se messi debitamente al corrente non si sarebbero lasciati depredare di un bene prezioso come l’acqua, soprattutto per il grande rispetto verso i propri antenati che hanno lasciato un territorio che nel corso dei secoli hanno conservato, preservato con cura, immensa fatica e grande amore. Questa delle centrali è purtroppo una questione che in un modo o nell’altro condizionerà la vita delle future generazioni, che non vedranno mai i nostri amati alpeggi così come li abbiamo visti noi, che vedranno al posto di zampilli e gorgogli solo sassi e terra secca… e chi in un modo o nell’altro sta consentendo tutto questo scempio non potrà che passare tristemente alla storia!




“Il Comitato Salviamo i nostri Torrenti”

giovedì 11 luglio 2013

Ciao Toni......e grazie!


3 aprile 1941 - 15 maggio 2013
Siamo rimasti orfani.
Dobbiamo comunicare purtroppo che per l’improvviso aggravarsi di una malattia, della cui presenza aveva consapevolezza, è deceduto in Premana, mercoledì 15 maggio a sera, il nostro Direttore ed Amico Antonio Bellati, circondato dalla moglie e dai quattro figli.
Il funerale è stato celebrato alle ore 15 di venerdì 17 maggio.
Il periodico “Il Corno”, da lui fondato e sempre diretto, esce in questo numero con alcune pagine doverosamente a lui dedicate.
Faremo ogni sforzo per uscire anche a settembre ed a dicembre, come voluto da lui e dalla sua famiglia e condiviso da noi tutti.
Vogliamo raggiungere il traguardo de “Il Corno” numero 200, dopo ben cinquant’anni di puntuali uscite trimestrali, per rendere il nostro omaggio filiale al caro amico Toni.
Poi vedremo.
Buona lettura.
I Redattori


OMELIA PER IL FUNERALE
Premana, 17 maggio 2013

Oggi qui in Chiesa stiamo vivendo un momento di fede, stiamo celebrando la nostra fede.

1) Celebriamo la nostra fede nella risurrezione di Gesù e confermiamo ancora una volta la nostra speranza nella vita eterna. Questa speranza la affermiamo oggi con papà Antonio che nel cammino della sua esistenza si è spesso fermato a fare silenzio, a guardare in alto, a parlare con Dio nella consapevolezza che al termine di questa vita ci sarebbe stata l'eternità dell'incontro con Lui. Così scrive il Toni in una sua poesia

"che a la fin fiin avròo trovàa ‘l sentéer:
lasü süinscìm incontraròo la Paas".
che finalmente avrò trovato il sentiero
e lassù in alto troverò la pace.

E noi sappiamo che il Toni si è preparato per questo incontro come anche testimonia quest'altra sua poesia

"Oo fam morì Segnoor mighe de corse,
fa che me n’ rende cont quant n’oo da ‘nda.
O ciamem puur ma damele la forze
de dìt: soo pront,
laghe ch’em giche scià".

Fammi morir, Signore, non di corsa,
fa’ che comprenda quando dovrò partire;
chiamami pure ma dammi Tu la forza
di dir: - Son pronto, lascia che mi prepari.

E ancora scrive il Toni nel suo testamento:
"Carissimi,
noi siamo nelle mani di Dio, così come siamo peccatori, almeno io, bisognosi di essere da Lui accuditi, condotti, guidati, ordinati.
E non c'è nulla di fuori posto in quella che noi chiamiamo morte, anch'essa è un atto di Grazia che Dio ci elargisce, che Dio ci regala, ed è grazia in qualsiasi momento avvenga, in qualsiasi circostanza, in qualsiasi forma. Sì, noi dobbiamo cercare di vivere bene, ma dobbiamo nel contempo sforzarci di diventare indifferenti alla vita ed alla morte perché non di vita e di morte si tratta ma semplicemente di due forme diverse del nostro essere sempre più pienamente nella libertà vera, che è poi la volontà di Dio."

2) Stiamo celebrando la nostra fede perché siamo qui per ascoltare ancora una volta quella Parola che ha accompagnato la vita di papà Antonio e oggi la Parola di Dio ci dice che niente ci potrà separare da Dio e dal suo amore.... E per questo potremmo dire che l'unico modo per separarci da questo amore è il volerlo noi stessi.
Qualche volta gli avvenimenti, la frenesia, le nostre stesse passioni ci fanno togliere lo sguardo dalla nostra Unica Certezza e restiamo disorientati, ma il funerale di una persona cara ci ricorda che unico senso della vita è "essere nelle mani di Dio".
Il Vangelo ci ricorda che dovremo rendere conto di come abbiamo usato i nostri talenti. Questa è una responsabilità verso Dio e verso gli altri. Oggi la parola di Dio ci ricorda che la vita è un grande dono e val la pena viverla in ogni suo istante con gusto, impegno e riconoscenza.

3) Oggi viviamo un momento di fede perché siamo qui a ringraziare il Signore del dono che ci ha fatto, il dono di condividere un tratto di strada insieme. Spesso in momenti come questi ci si ferma al dolore dell'ultimo momento, alla sofferenza della malattia e si chiede a Dio: Perchè? L'uomo di fede guarda più in là e riconosce la presenza di Dio e il suo amore lungo tutta una storia. E noi oggi siamo riconoscenti a Dio per i 72 anni in cui il Toni è stato fratello, i 43 in cui è stato sposo, i 42 in cui è stato papà, altri poi lo ricordano come collaboratore, collega, amico...

4) E' un momento di fede quello che stiamo vivendo perché siamo qui oggi come comunità che si raduna attorno all'altare. Siamo qui perché abbiamo condiviso tanto insieme e come comunità vogliamo vivere anche questo momento di distacco.
E' importante essere comunità; noi lo abbiamo sperimentato anche in questi giorni durante i quali abbiamo sentito l'affetto e la vicinanza di tanti, e questo ci ha fatto bene e di questo ringraziamo.
Ci teneva il Toni alla sua comunità.
Il suo libro "Vit de quai sort" che racconta le vicende di Premana nel periodo del ventennio fascista e della Seconda guerra mondiale si conclude così:
"E la comunità di Premana si ricostruì oltre il dolore, oltre i lutti, oltre le lacerazioni. La Comunità si mosse con passi meravigliosi, dei quali ancora oggi ben si vedono i risultati. Ed eccoci dunque a concludere queste nostre pagine con un auspicio, che la storia, sempre maestra di vita, ci suggerisce: restiamo Comunità. Questa è la base e la premessa perché, anche negli anni duemila, Premana possa continuare a vincere la sfida col tempo che passa, questo è il nostro augurio, la nostra speranza, la nostra preghiera".

5) Il Toni, come ciascuno nella sua vita, ha fatto tante cose, verrebbe voglia di raccontarle e ricordarle anche qui, come abbiamo fatto questi giorni in casa, così come ogni figlio ama parlare di suo papà.
La vita di ogni persona è unica e bella da raccontare, ma ciò che ancora più ci dà speranza e serenità è pensare che Dio accompagna la vita di ciascuno, e nella fede sappiamo che è il definitivo incontro con Lui che illumina tutta la nostra esistenza.
PER QUESTO OGGI CI BASTA SAPERE CHE DIO SI PRENDE CURA DI NOI E DEL TONI
Don Angelo e Padre Franco



giovedì 16 maggio 2013

Ciao Toni!

Ieri sera, mercoledì 15 maggio, si è spento nella sua abitazione di Premana il nostro direttore Antonio Bellati. I funerali si terranno domani, venerdì 17 maggio alle ore 15.00.

Pubblichiamo qui sotto un suo breve curriculum.



Nato a Premana nel 1941, sposato, quattro figli, dei quali due sacerdoti, uno missionario in Zambia ed uno in Cina. Diplomato ragioniere a Sondrio, ospite per otto anni del Collegio dei Salesiani, ha esercitato in paese l’attività di consulente del lavoro e di assicuratore. Impegnato sin da giovane in ambito parrocchiale e oratoriano, anche come catechista e animatore del Circolo Giovanile. Assessore e Consigliere comunale a Premana per più mandati amministrativi. Socio fondatore e membro per 15 anni del Consiglio di Amministrazione della Cassa Rurale ed Artigiana di Premana, ora Banca di Credito Cooperativo della Valsassina. E’ stato l’animatore del gruppo che ha fondato e realizzato il Museo Etnografico di Premana. Ha vinto numerosi concorsi di poesia dialettale. Nel 1988 è stato nominato Cavaliere della Repubblica Italiana. Dirige dal 1964 il periodico trimestrale locale “Il Corno”. Socio del Lions Club della Valsassina, è stato insignito dal Club nel 2012 del premio “Melvin Jones” per i meriti acquisiti in campo culturale. Appassionato ricercatore di tutto quanto è legato alla storia di Premana e della Valsassina, alle tradizioni ed al dialetto locale, ha pubblicato tra l’altro nel 2007 il Dizionario Dialettale Etnografico Premanese, e nel 2011 “Ol Lorenz di Tramaiin e la Luzie di Mondei spüüs prometüű.” versione dialettale in endecasillabi da I PROMESSI SPOSI di Alessandro Manzoni.
"NON DESIDERO GHIRLANDE E ALTRI FIORI;
CHI LO DESIDERA PUO' FARE UN'OFFERTA CHE SARÀ POI VERSATA AL FONDO DELLA COMUNITÀ DI PREMANA" (A.B.)


venerdì 12 aprile 2013

L’occupazione giovanile a Premana


Sentiamo dalle statistiche nazionali che la disoccupazione giovanile supera il terzo degli under
35enni. - Com’è la situazione a Premana? - Abbiamo intervistato una decina di giovani diplomati
e laureati per parlare di questo argomento - Ci pare siano emerse situazioni interessanti e che comunque
interrogano sull’avvenire.



* * *

Voi siete tutti o diplomati o laureati: lavorate tutti?
Sì.

Per quanto ne sapete, avete coetanei che hanno studiato e che ancora cercano lavoro?
Lavorano tutti. So di qualcuno che ha impiegato qualche anno a trovare lavoro.

Quanto tempo avete impiegato voi per trovare lavoro?
In linea di massima tutti hanno trovato subito. Spesso però fanno un lavoro non strettamente corrispondente con il diploma acquisito.
Qualcuno aveva già fatto degli stage nelle ditte dove sono assunti; altri sono stati richiesti appena diplomati; altri hanno inviato il curriculum e fatto dei colloqui.

Lavorate a Premana o lontano dal paese?
Alcuni lavorano a Premana, però la maggior
parte di quelli che studiano trovano lavoro solo fuori
paese: in Valsassina, Lecco, Colico eccetera.



Siete dipendenti a tempo determinato o indeterminato?
La maggior parte è a tempo indeterminato; c’è qualche apprendista ed anche
qualche assunzione in prova che dovrebbe però diventare a tempo indeterminato.

Insomma de gént in giir a vardà per ario praticamente non ce ne sono, salvo rarissimi casi.

C’è gente, diciamo così, un po’ sfruttata? Assunta senza rispettare sempre le leggi?
Sappiamo di tanti compagni, anche qualche premanese, che lavorano come dipendenti ma prendono stipendi ridicoli, non pagano neppure la benzina... - Però, anche questo, lo fanno sempre in vista di un lavoro fisso... C’è gente assunta in prova che prende proprio una miseria. C’è gente assunta part-time che fa 8 ore...

C’è gente della vostra età che non ha studiato, o non ha conseguito almeno un diploma?
Sì, diversi casi.


E lavorano?
In genere lavorano nella ditta del padre.

Se dovessi consigliare qualcuno su quale tipo di studi intraprendere, cosa consiglieresti?
Io consiglierei il diploma di perito meccanico o simile; e comunque un diploma di scuola professionale.
Un perito meccanico oggi è sicuro di trovare lavoro, se non a Premana, non troppo lontano.
La stessa preparazione in informatica qui intorno non è ricercata... (concordano tutti).



Una domanda curiosa: l’andar fuori da Premana a lavorare comporta secondo voi il rischio che uno si stacchi dal paese ed emigri definitivamente?
Dipende da tante cose; se uno lavora in Valsassina direi di no; se uno va a Lecco o più lontano,  diventa più facile.
Penso che molti, da giovani, sono disponibili anche ad andar fuori, ma sempre pensando di ritornare.

Vi sentite attaccati al paese o questa è per i giovani una cosa indifferente?
Crediamo che i giovani della nostra età siano legati al paese e ben volentieri lavorerebbero qui; anche se sono in Valsassina non lasciano; se però lavorano oltre Lecco, allora qualcuno può farci un pensiero.
Questo specialmente quando ci si sposa, specialmente per le donne... I giovani pensano a Premana; però da giovani si è disponibili anche a qualche avventura...
Ma in genere la gente pensa a Premana: l’elastico tira ancora alla radice.

Dunque da noi disoccupati non ce n’è, o sono casi; cosa ne dite del 35% per cento delle statistiche? Noi dovremmo avere più di settanta giovani in cerca di lavoro?!
Non voglio parlare di quanto non conosco, ma bisogna vedere se al manche püsèe ól
laorà o se invéce al manche la vöie...
Noi pensiamo che se veramente vuoi lavorare, ne trovi, almeno qui.
So per esempio di ragazze che hanno conseguito la laurea breve ma che studiano ancora perchè non hanno trovato un impiego... Qui da noi mancano i tecnici, gli operai di una volta, che
adesso devono essere periti; ed il perito anche in una officina di forbici oggi ci sta bene.

Il sistema di far forbici è cambiato, ci sono macchine a controllo numerico, eccetera, che richiedono anche gente preparata per la messa a punto e la manutenzione: periti, anche ingegneri...

Parlate del rapporto scuola-lavoro.
La scuola è obbligatoria, e va bene; ma io penso che anni addietro preparava meglio. La scuola ed il lavoro secondo me non si avvicinano, ma si allontanano...
C’è sempre più distanza, secondo me la scuola non prepara al lavoro. La scuola è arretrata, non è capace di stare al passo. Secondo me la scuola in sé ti insegna a ragionare, ad usare la testa ed in questo senso è la base; poi, se hai acquisito questa capacità di base, ti adegui, indipendentemente dal lavoro che fai in pratica.
Proprio per questo a me viene da dire ai ragazzi: studiate. Magari la scuola non prepara in modo specifico, ma oggi un diploma, una laurea sono comunque un biglietto da visita. E comunque lo studio ti apre la mente, ti aiuta a ragionare e ad affrontare tanti problemi in modo più sicuro.

Avete qualche consiglio da dare?
Per trovare lavoro, secondo me conta tanto l’approccio. Credo che uno debba andare, presentarsi, chiedere personalmente, e non solo spedire lettere...
Bisogna andare e fare il colloquio, dimostrandosi persona matura, capace di gestirsi; non, per esempio, presentandosi con i genitori... Bisogna mostrare maturità, indipendenza,  intraprendenza; insomma: niente imbranati!

Per vostra esperienza avete rilevato qualche volta che i premanesi come dipendenti sono ricercati?
Pare che in Valsassina i dipendenti premanesi siano tenuti in considerazione, tuttavia per noi è difficile dire...
Però, guardando le fogge e le sagome di tanti che ci sono in giro, bisogna dire che, anche solo la  serietà nella presentazione (niente crèst, anéi e ròbe dól gener)... può risultare vincente in tante situazioni.

C’è gente che pensa di fare l’imprenditore, di continuare l’attività del padre e di sperimentare qualcosa di nuovo?
Non è certo facile come trent’anni fa.
Si è abbastanza pessimisti; si pensa comunque a quello che già c’è; c’è chi pensa al turismo... ma forse prima si deve muovere qualcos’altro.


Questa tabella, forse incompleta, prende comunque in considerazione 151 individui maschi e femmine di sette classi, dai 20 ai 26 anni.



- Come si può vedere non si rileva nessun disoccupato e sette disoccupate, alcune delle quali sono però casalinghe e non cercano lavoro. - Per qualche classe ci è forse sfuggito qualche individuo ed inoltre i dati possono già essere cambiati dall’atto della rilevazione. - Il campione e le suddivisioni sono comunque attendibili e ci sembrano significative. - Stando alle statistiche ufficiali, dovremmo avere più di cinquanta di queste persone in cerca di lavoro…