sabato 19 dicembre 2015

IL TENENTE TODESCHINI BATTISTA

Nel ricordare i 100 anni dalla nascita e i 70 dalla morte, conosciamo più da vicino la nobile figura, di uomo e soldato, del tenente Battista Todeschini. Egli fu negli anni del secondo conflitto mondiale un punto di riferimento, non solo per Premana, oltre che un autentico ed importante uomo della Resistenza lecchese.
Todeschini Battista, di Giuseppe e di Bertoldini Marta, nacque a Premana il 23 luglio 1915.
Il padre, ferroviere, decorato di medaglia d’argento per la campagna di Libia del 1911-12, fu tra i primi ad entrare in Tripoli, e Tripoli appunto era divenuto il suo soprannome.
- I Todìsch ai ére da Deleguàc. Il Battista - raccontava la mamma - era nato settimino e pesava un chilo e mezzo. Ciò nonostante, lo portai lassù a diciassette giorni soltanto, avvolto in una pelle di pecora che mi aveva prestato la Catìne di Fantìin. A sei mesi pesava tre chili.
Dopo la fine della Grande Guerra, la famiglia, per maggior comodità di lavoro, si trasferì a Castello di Lecco.
Un momento della Santa Messa celebrata al Pegnadüür lo scorso 14 luglio
Terminate le medie, passò all’Istituto Tecnico G. Parini, dove si diplomò brillantemente ragioniere nel 1934.
La ditta Locatelli Formaggi di Lecco aveva messo a disposizione delle borse di studio per i migliori allievi. Quando egli si diplomò, vinse la borsa di studio e gli fu offerto l’impiego alla Locatelli, in alternativa agli studi universitari.
Scelse l’impiego. Tosto si affermò per la sua capacità; era ben voluto ed apprezzato da tutti.
I diplomati in quel periodo erano obbligati a frequentare il corso ufficiali, che lui frequentò a Bassano del Grappa nel 1936. Uscì sottotenente; fu sempre al V Alpini, Battaglion Morbegno.
Ól Scagn, ól Carlo Bie e anche altri alpini premanesi furono suoi attendenti.
Racconta Rusconi Silvio (Gras) - I suoi commenti su Premana erano sempre benevoli; aveva una grande riverenza per gli anziani. Del papà e della mamma aveva una sacra venerazione. Rispettava le tradizioni, le fatiche dei vecchi; anche nelle piccole cose, negli oggetti più banali, ci sentiva dentro la vita degli avi. Era un vero amante del dialetto.
Tino - Diceva il Todeschini: 'l òo giràa tant ól mónt ma ün parlà bel come ól promàan 'l òo mai trovàa.
Cìa - Era una persona simpatica e allegra, che ne inventava di tutti i colori. Ól Bèrle sò cüsìin, al l'à bategiàa lüü "Bèrle". I due portavano l’identico nome e cognome e lui era soprannominato Todèsch.
Una volta nel ‘44 lo incontrammo, gerla in spalla, dalaént dal Gèbio, ci salutò e poi ci disse: Ardèe pighès, ün todèsch con scià ün todèsch che scape dai todèsch!
Calcagni Carlo - A Malles conobbi di persona la semplicità di quell’uomo. Mi chiedevo come facesse a conservarsi così fresco in un ambiente così corrotto. Era una persona veramente onesta. Non era un bigotto ed aveva un grande tatto coi soldati. Lo stimavano tutti. Era una persona senza rispetto umano ma riservata. Quando poteva stare coi suoi soldati, non solo coi paesani, era veramente contento. Era umano con tutti.
Ottenne due Croci al merito di guerra: una sul Fronte Occidentale, l’altra in Albania. Dopo il Fronte Occidentale rimase un poco a Civate, prima di partire per I' Albania, fu quindi a Romagnano Sesia, ad Avigliana e poi a Monza.
AI ritorno dall’Albania, nel maggio del 1941, fu inviato a Romagnano Sesia. Era il tempo della fienagione e un certo Scandella di Barzio, suo attendente, andava spesso in campagna a dare una mano in una famiglia. Una volta promise che avrebbe portato con sé il suo tenente e così il Todeschini conobbe questa famiglia e l’Angelina: una ragazza che divenne la sua fidanzata.
Nella primavera del ‘42 fu trasferito a Monza, dov’era comandante del distaccamento. Il suo attendente era sempre Scandella Francesco di Barzio.
Scandella, parecchi anni dopo, a ottantaquattro anni di età, ancora si commuove a parlare del Todeschini e porta nel portafogli due sue fotografie.
Spesso la figura del Ten. Todeschini sarà presente e avrà un ruolo importante nelle vicende accadute a Premana e dintorni nel periodo successivo.
Padre Croci diceva: - Lui, Todeschini, era furbo: stava al di fuori, ma di fatto comandava.
Con il giorno 31 agosto 1944 ha inizio l’ultimo quaderno dei diari del tenente Todeschini.
Il diario è un promemoria, una serie di brevi appunti stesi per ricordare, per richiamare alla mente, con fatti e circostanze della vita quotidiana, gli eventi più specificamente legati alla sua vita di ribelle.
È assai difficile, per chi è digiuno degli eventi e non conosce i siti e le persone, interpretare quelle pagine.
A prima vista può sembrare il diario di un osservatore esterno un poco buontempone, cacciatore, circondato da vari amici, come lui indaffarati in faccende strane, appena accennate.
Le giornate sono sempre movimentate, ricche di incontri, di nomi talvolta misteriosi, di personaggi difficilmente individuabili perché chiamati con nomi di comodo, talvolta diversi dagli stessi nomi di copertura assunti da ogni ribelle. Frequenti le sottolineature all’apparenza illogiche.
Sono pagine che sottintendono assai più di quello che dicono. Pagine fredde, all’apparenza; ricche, se vogliamo, di banalità; salvo pochi casi, senza sentimento.
Ma in effetti, a soppesarle e ad interpretarle nel contesto degli eventi occorsi alla luce di altre testimonianze, esse diventano traccia preziosa per conoscere il Todeschini, il suo ruolo e le vicende di cui in quei mesi fu protagonista.
Quelle pagine evidenziano i caratteri salienti della personalità del Todeschini; ci mostrano una persona semplice, ottimista, generosa, instancabile; appassionato cacciatore, credente, sensibile all’amicizia e agli affetti famigliari.
Conosciamo un uomo immerso nella Resistenza fino al collo, responsabile di compiti e di missioni delicate, partecipe alla stesura dei piani per le azioni più importanti, strettamente collegato ai massimi vertici, con ruoli affatto secondari.
Nel volume VIT DE QUÀI SÒRT, dal quale abbiamo tratto queste righe, potete trovare alcune pagine integrali del diario. Qui ci limitiamo a riportarne ampi stralci.
TUTTO CI DISTRUGGONO MA LA CAUSA VIVE

Diario 11 ottobre - ... Ripiegamento dei superstiti attraverso la bocchetta di Camisolo verso Bobbio-Artavaggio, inseguiti dai tiri di mortai e mitragliatrici - Spa si ritira su Trona e oltre, Armando e Aldo sono con lui. Io rimango in fondo alla valle senza collegamento - Polenta e formaggio in Laréc - Assistiamo all’incendio delle baite di Artino e alla rincorsa e ferimento della mucca. Con Carletto vado alle Tre Croci... I fascisti non sono arrivati lassù - Assisto all’incendio della Tavecchia e della Pio e, di qua dalla costa, a quello di Barconcelli, Casarsa e Forno - Tutto ci distruggono questi maledetti, tutte le nostre cose materiali...
E leggiamo qui l’unico sfogo che il tenente Todeschini consegna al suo diario. Esso, più di ogni altra testimonianza, ci dà la misura degli ideali per i quali quotidianamente si sacrificava.
...ma rimane sempre più forte e bella l’idea nostra che loro non riescono a distruggere - la casa si incendia, il nostro spirito no, la casa risorgerà e ritroverà lo spirito più forte di prima. Nella lotta si può morire, come Marino e gli altri, e, se anche il calcio del mitra finisce un moribondo, si distrugge materia e null'altro - Gli uomini passano, la causa vive, eterna come l’Italia, quella nostra, della libertà, non quella dei massacratori, dei saccheggiatori, dei delinquenti.
Anche a Premana avviene la consegna degli sbandati.
Il Todeschini, al di là delle immediate amare reazioni nel veder partire tutti i giovani di Premana, comprendeva benissimo che egli diveniva per la gente che aveva intorno non solo un incomodo, ma anche un rischio.
Diario 21 ottobre - L’Aldo parte a notte da Pezzapràa e andrà nella grotta. Il Nino professore è rimasto al Lööch - lo e Armando partiamo più tardi e andiamo al Barch - Nel pomeriggio peliamo il frassino. Piove e fa freddo. Verso sera torniamo a Pezzapràa, torna Aldo da lassù. A dormire - Il Nino Berera e il Mario del Vittorio non sono più con noi, ma hanno trovato altre sedi per loro conto.
ACCANTO AI NOSTRI MORTI
Con questa frase, scritta a centro pagina a guisa di titolo, termina il diario di questo giorno, poi altre due pagine di quaderno sono in bianco.
Che cosa aveva in mente di scrivere il Todeschini? Forse una poesia, forse un ricordo dei caduti da lui conosciuti personalmente? Non sappiamo. Solo sappiamo della sua volontà, del suo desiderio di ricordare anche con uno scritto particolare i fatti ed i caduti di quel mese funesto.
Il Todeschini diveniva a poco a poco, agli occhi degli sgherri fascisti di Bellano, l’uomo da colpire, il responsabile di tutto. Nessun mezzo si tralasciava per neutralizzarlo, compresi la corruzione e la menzogna.
Il 15 dicembre 1944 dalla questura di Como giungeva in comune la seguente richiesta:
- Al fine di regolarizzare definitivamente la posizione di tutti gli sbandati, renitenti e disertori, che, in seguito al bando del capo della Provincia prima, e del Duce della Repubblica Sociale Italiana dopo, si sono presentati alle autorità locali, occorre far pervenire a questo ufficio l’elenco di tutti i giovani presentatisi. (...)
E da Premana partì un: “ELENCO DEI GIOVANI CHE SI SONO PRESENTATI IN QUESTO COMUNE IN SEGUITO AD INTERESSAMENTO DEL SIGNOR COLONNELLO PINI”.
Il primo nome dell’elenco è quello del Tenente Todeschini, seguito da altri 17 nomi, tre dei quali risultano poi segnati con una crocetta e non si consegneranno.
Tredici degli elencati sono premanesi ed oriundi.
Giancarlo - Anche il nostro papà fece da tramite per cercare di ottenere che, se si consegnava, fosse mandato a lavorare e basta. Andò anche dal Ferrario di Introbio.
Col papà Todeschini si davano da fare molti altri, e non solo a Premana ma anche a Lecco; il discorso coinvolgeva non solo le famiglie degli interessati, ma le stesse autorità. Venne interessato anche il maestro Piero Fazzini che, sia in campo militare che in quello civile, aveva molte conoscenze; tra queste c’era pure il maggiore degli alpini Noseda, che aveva scelto di stare coi fascisti ed era comandante delle GNR di Como.
Diario 19 dicembre - Martedì - Con Armando, Renzo e Menüü partiamo da Premana presto e arriviamo in Barconcelli a portare la roba e mangiare con gli amici - Polenta e arrosto. Alla una ripartiamo e veniamo al Gebbio - lo ho il todèsch carico di manoéi e lo porto alla Fontanèle - Trasporto bóor - Freddo e allegria - Alle sei rientriamo in paese - Ceno - Giancarlo torna da Léscen cól brentàl di vino - Mio cugino Zambelìin mi porta gli sci per domani - Rimango in ghélde con lui poi vado da Armando a prendere accordi per domani.
Con questa pagina ha termine il diario del tenente Todeschini. Egli continuava normalmente nella sua attività; anche per il giorno 20 dicembre aveva chiesto al cugino Zambelìin gli sci, non per andare a spasso ma per ritornare sulle sue montagne, per incontrare i superstiti amici e portare rifornimenti a quelli lassù rifugiati.
Cosa accadde dunque in quei giorni, perché Todeschini si rassegnasse alla consegna?
Successero tre fatti di un’importanza capitale:
- Si diffuse, non solo a Premana, la convinzione generale, ben orchestrata da Larghi e dagli uomini della questura di Como, che gli ultimi uomini alla macchia potevano consegnarsi senza rischi, perché sarebbero stati addetti a lavori in Italia; e questo fatto, come già abbiamo visto, produsse delle illusioni impossibili nelle stesse autorità del paese, nei famigliari, negli ultimi oriundi (un po’ ribelli) e negli sbandati superstiti.
- Vedeva l’epilogo la vicenda del militare tedesco ucciso in Piazzagorla nel giugno precedente.
- I repubblichini trovarono e requisirono i diari ed altri documenti di Todeschini.
Todeschini, con altri dodici, partì da Premana e fu arrestato a Casargo il giorno 27 dicembre, ma fin dal 24 dicembre i tredici erano in paese e considerati liberi. Si può concludere che il rastrellamento che causò la caduta in mano fascista dei suoi diari ebbe luogo tra il 19 ed il 23 dicembre 1944.
Lina - A Bellano erano esposti dei manifesti che avvisavano di una taglia a favore di chi metteva le mani sul Battista... La nonna gli diceva sempre: "Tu sei a casa tua e ti accusan di tutto" (Ma anche i famigliari non sapevano ndr).
Quel giorno venne in paese, dal Forno, e lo zaino lo lasciò, contrariamente a sua abitudine, ént in cà di j'Ernìst. Il giorno dopo ci fu il rastrellamento e gli trovarono tutto. Nello zaino aveva anche la contabilità dei rifornimenti ai partigiani e alcune lettere. Era preciso, teneva tutto.
Il “quarto libro del ribelle” lo aveva in casa a Premana e rimase qui. In casa nostra non venne mai nessuno a controllare.
Padre Croci - Incontrai il Todeschini quando, pressato da chi e da che cosa io non so, lui decise di presentarsi a Casargo con gli altri giovani. È venuto da me e mi ha detto "Padre, non so cosa fare".
"Todeschini, non si presenti, non si presenti perché ingannano... lei non uscirà vivo dalle loro mani"
E lui mi disse: "Ebbene io vado, vado non per il mio bene, perché so di finir male, vado per il bene di questi giovani".

Giancarlo - Da quando gli trovarono lo zaino era demoralizzato. Decise liberamente di consegnarsi... C’erano con lui anche altri premanesi... Non sapeva che fare, non aveva il coraggio di dire loro di andare con i partigiani...
Anche il papà lo voleva convincere a scendere a Lecco e riprendere il suo lavoro. Lui, il Battista, era preoccupato; la sua paura era quella di portare danno al paese...
La fidanzata gli scriveva di andare a Romagnano, ma lui non se la sentiva di abbandonare gli amici con cui aveva collaborato per un anno e neppure gli oriundi premanesi che erano con lui...
Silvio Gras - Una sera dico a mia moglie se poteva preparare una torta da portare a Premana. Appena giunto, cercai il Battista, lo trovai; venne a casa mia, mangiammo qualcosa e poi la torta. A mezzanotte ci lasciammo.
Prima di andare a dormire fumai una sigaretta... Sento battere alla porta. Era il Todeschini con un litro di vino da osteria... "Cosa fai?" Rimase lì fino alle tre a chiacchierare.
Quando ci stavamo salutando, mi disse pressappoco così:͏"Silvio, dobbiamo essere uomini, non dobbiamo lavorare per la grandezza, per farci belli, dobbiamo lavorare per salvare il salvabile... Se avremo la fortuna di portarla fuori, asciugheremo le lacrime che sono già tante e ci rimboccheremo le maniche da subito. Ma, piuttosto di portare un minimo danno al mio paese, mi faccio uccidere domani... Sono pronto, pronto a tutto, basta salvare Premana, e che non mi tocchino la mia famiglia; il resto, la pelle, conta nulla".

Giovàn di Lim - Lo conoscevo bene il Todeschini; l’ultima volta l’ho trovato quando andava a consegnarsi, lo incontrai al Gèbio. Mi ricordo: mi chiese se avevo sentito suonare l’agonia... Io gli chiesi per chi, e lui mi rispose che stava andando a consegnarsi.
Gabrièle - Diceva alla sua mamma prima di consegnarsi: "Stremìset mighe tì mam: mì moriròo martir" e questo poco prima di consegnarsi; e diceva anche: “Al è méi che möre mì e mighe quìj giüven che gh'òo in giir...".
Ambrogio - Era un brav'uomo, buono, un carattere aperto, era capace di farci coraggio; noi eravamo bambini rispetto a lui. Da Bellano ci portarono a Como e vi restammo alcuni giorni.
È certo che quando il Todeschini giunse a Como, sembrava che avessero messo le mani su non quale personaggio... Lo costatammo subito: "Èco, adès al gh'è".
Il Ten. Todeschini morì nel campo di sterminio di Mathausen dove giunse, pare, nel febbraio del 1945, con uno degli ultimi convogli di deportati.
La sua fine rimase per anni misteriosa e qualche dubbio ancora rimane. Si parlò della sua fucilazione a Como, nella zona di Bellano, a Monza ed in altri luoghi, ma senza alcun fondamento.
Solo dopo qualche anno la famiglia ricevette notizie sufficientemente attendibili.
Lina - Apprendemmo che era morto a Mauthausen da un figlio di un medico di Castello, che lo aveva visto a Mauthausen ai primi di febbraio.
Il suo nome appare tra le vittime dei campo di Mauthausen nell’elenco pubblicato nel volume “Tu passerai per il camino”.
Non aggiungiamo altre parole per questo uomo che sacrificò se stesso disinteressatamente per nobili ideali: solo diciamo che il disinteresse ed i nobili ideali erano, a noi pare, anche in quel periodo ed anche a Premana, beni estremamente rari.
                                                                     Testo tratto dal volume VIT DE QUÀI SÒRT


martedì 15 dicembre 2015

Acquista online il DVD del film IL MATTINO SORGE AD EST


Da oggi puoi acquistare online il DVD del film "Il Mattino Sorge ad Est".
Il DVD è disponibile nell'edizione standard a € 15,00 a copia oppure nell'edizione speciale al prezzo di € 25,00. Spese fisse di spedizione in Italia con corriere espresso € 5,00.

L'edizione speciale comprende un volumetto dove si possono trovare, tra le altre cose, la novella originale di Antonio Bellati, che ha dato origine alla sceneggiatura, assieme a numerose e curiose immagini di scena e dietro le quinte.

Puoi pagare con Bonifico Bancario:
Beneficiario: Ass. Culturale il Corno
IBAN: IT02L0707151710000000002277 
Causale: Acquisto DVD

È importante comunicare via mail l'avvenuto pagamento, indicando l'indirizzo al quale inviare il DVD e allegando una copia della ricevuta del bonifico (info@ilcorno.it)

In Valsassina il DVD è in vendita a PASTURO presso:
ALIMENTARI ORLANDI PANIFICIO - EDICOLA - TABACCHI
V. Manzoni 88 (vicino alla chiesa Parrocchiale)

giovedì 12 novembre 2015

martedì 10 novembre 2015

sabato 17 ottobre 2015

Parliamo di famiglia

Guatemala, Colombia, Premana

Dopo l'intervista a Riccardo e Marzia, che ci hanno parlato dell'affido, abbiamo chiesto a Morris e Paola (nostri redattori) di presentarci la loro esperienza di famiglia con figli in adozione. E così abbiamo trascorso un piacevole pomeriggio a Premaniga, ascoltando il loro racconto.
 
Come inizia la vostra storia di famiglia adottiva? Chi ha proposto per primo l’adozione? Chi ha espresso il pensiero per primo è una domanda difficile, non ricordiamo, ci siamo arrivati insieme. Nel 2000 abbiamo presentato la prima domanda al Tribunale dei Minori e fatto la conoscenza delle operatrici della ASL incaricate della valutazione. Sono passati 15 anni da quel primo contatto e ancora non abbiamo terminato i colloqui: ci considerano praticamente clienti fissi!
Guatemala - bimbi nell'istituto

È davvero molto tempo...  Sì, ma quella prima richiesta viene respinta, in ragione del fatto che non avevamo affrontato tutti gli esami clinici necessari per avere una gravidanza… in realtà noi non abbiamo mai voluto un figlio naturale ad ogni costo. Abbiamo ripresentato la domanda nel 2003.

E questa volta non vi “bocciano”. No, otteniamo l’idoneità. Ma già prima del decreto si entra nelle liste di disponibilità per l’adozione nazionale e si può essere chiamati. È ciò che ci accade nell’estate del 2001, proprio nel periodo in cui la mamma Pinetta si trovava allo stadio terminale della malattia. 

Dunque vi viene proposta una adozione nazionale? Sì. Veniamo finalmente scelti per un colloquio di approfondimento e il 14 agosto 2001 siamo a Milano … a spiegare al giudice che abbiamo in casa la mamma gravemente malata, in pratica in fin di vita.
Paola - Ovviamente mi viene detto chiaro e tondo che dare la mia disponibilità in quel momento è impensabile: il bambino ha bisogno immediato «della tetta» - come dice la psicologa - e necessita di dedizione incondizionata; ma anche la morte di un genitore è un momento prezioso, da condividere, del quale non mi devo privare. Oggi so che è stato importante vivere appieno questa esperienza accanto a mia mamma, ma in quel momento mi sentivo doppiamente punita dalla sorte.

È stato difficile relazionarvi con i giudici, gli psicologi e così via? La nostra esperienza in questo lungo percorso con i servizi sociali e il tribunale è stata positiva, nonostante le difficoltà incontrate. Possiamo affermare di aver conosciuto tante persone competenti, serie, attente. Anche nel momento in cui ci hanno detto dei no.
Chi si occupa di adozione ha quale obiettivo il bene di un bambino e lavora con “materiale umano” estremamente delicato: un minore in enorme difficoltà da un lato, dall’altro una coppia con un equilibrio psicologico e relazionale da salvaguardare. Insomma: i no hanno di solito le loro ragioni, quantomeno prudenziali.
 
Quando si viene chiamati per una adozione, viene proposto direttamente un bambino o si ha modo di vederne diversi? No assolutamente, la proposta di adozione segue sempre una delicata procedura di abbinamento - fatta dagli operatori – fra le caratteristiche di una coppia e quelle di un minore. Si considera tutto: l’età, l’ambiente sociale e famigliare, i tratti di personalità, i trascorsi e le reazioni psicologiche, le risorse individuali … non è un mercato.

Come siete arrivati alla prima adozione? Dopo l’idoneità si seguono dei corsi e si affida il mandato ad un ente riconosciuto dalla CAI (commissione adozioni internazionali) che faccia da intermediario con un Paese estero. Le suore Somasche di Lecco accettano il nostro incarico nel giugno del 2004. Iniziamo l’attesa per l’adozione in Guatemala.
Durante il percorso con la psicologa e l’assistente sociale della ASL, avevamo maturato la disponibilità per l’adozione di due fratelli. In pratica poi le suore somasche non facevano adozioni di fratelli, per scelta. In questo modo il nostro progetto di famiglia si sarebbe compiuto “a metà” e si profilava già, in prospettiva, un “sequel” …
Poi è iniziato un calvario. L’attesa dell’abbinamento era messa in conto; il calvario è stato dopo, ad abbinamento avvenuto.

Come ha luogo concretamente l’abbinamento? Sulla scorta di un profilo di coppia, si viene individuati come possibili genitori di un certo bimbo, per cui l’ente ti convoca e ti presenta quel dato bambino. Ti vengono date tutte le informazioni disponibili: età, condizioni di salute, cause dello stato di abbandono; informazioni talora anche precise sull’ambiente di provenienza, sui genitori naturali… insomma, tutto ciò che si sa. Su questa base la coppia deve decidere se accettare l’adozione. É una scelta che va fatta in modo estremamente consapevole e libero, non può avvenire forzando delle resistenze interiori perché una volta accolto un bambino tu diventi il suo destino.
Si devono ancora espletare le pratiche necessarie e i tempi possono anche essere lunghi, ma prima o poi quello diventa tuo figlio. Inizia una vera e propria gestazione.

Alla scoperta del Guatemala - la marimba
Avete definito questa attesa addirittura “un calvario” … Darvin ci è stato abbinato il 13 luglio 2005, il giorno del suo terzo compleanno. È arrivato in Italia 24 gennaio 2007.
Va precisato che i problemi non sono sorti durante la preparazione dei documenti in Italia, ma nelle procedure in Guatemala. Un pasticcio tale che il bambino si è sentito dire per ben diciotto mesi che papà e mamma c’erano e che sarebbero venuti, ma non subito. Vedeva arrivare coppie a prendere i suoi compagni di vita e chiedeva quando sarebbe toccato a lui; non voleva frequentare la scuola materna perché dovevano arrivare mamma e papà a portarlo via…  Un vero e proprio strazio, che ha lasciato alcune ferite.

L’incontro con i bambini come avviene? All’aeroporto di Guatemala City siamo stati accolti da una suora che ci ha portati all’istituto, dove ci siamo intrattenuti con alcune delle persone che seguivano i bimbi. Quando, in modo molto naturale e informale, è arrivata la madre superiora tenendo per mano Darvin – un cucciolotto di quattro anni che era proprio da mangiare – lui ci è immediatamente volato in braccio, si è aggrappato e non si è staccato più! Naturalmente poi la costruzione di un attaccamento vero e proprio è molto lunga, richiede grande pazienza… Il bambino ti mette alla prova continuamente su ogni fronte: quanto si può fidare di te, quanto sei disposto a fare per lui, quanto ti può manipolare e quali sono i “paletti” che non sei disposto a spostare.

Ma si vive da subito insieme? Nel caso si Darvin, vivevamo di fatto dentro l’istituto, però in un appartamento separato. La vita insieme è cominciata subito, ma dentro un ambiente molto famigliare al bambino. Nella seconda adozione, invece, dopo l’incontro Angy è venuta via con noi e abbiamo vissuto insieme in totale autonomia, pur con il sostegno della psicologa dell’ente operativa a Bogotá e sotto la supervisione dell’assistente sociale per la prima settimana.
L’iter burocratico che si doveva concludere in Guatemala era piuttosto breve; nel giro di due settimane siamo tornati a casa.

Nel frattempo avete fatto un po’ i turisti? Alcune escursioni fuori città (Chichicastenango, il lago di Atitlan, Antigua…) ci venivano organizzate dalle suore ed eravamo sempre accompagnati. Per quanto non ci sia stato possibile vedere il Guatemala come avremmo voluto, è stato comunque importante entrare un po’ in contatto con lo spazio geografico e umano, la cultura india. É la terra dell’eterna primavera, povera e arretrata, ma ricchissima di storia, tradizione, natura.
Quando adotti un bimbo che viene da lontano adotti un po’ anche la sua patria. E, soprattutto, tu sei gli occhi di tuo figlio: finché non tornerà a incontrarlo, lui conoscerà il suo Paese attraverso le tue parole, le tue impressioni.
In città uscivamo soli, dopo aver superato qualche resistenza da parte delle suore, che non finivano di metterci in guardia contro la malavita: Darvin per la prima volta vedeva un prato, provava a correre libero, rincorreva i piccioni nelle piazze… I bambini lì non uscivano mai dall’istituto!

Vita in casa a Bogotà
Vivevano sempre chiusi? Sì assolutamente. Uscivano, solo i grandi, per la messa della domenica, ma si trattava di attraversare la strada!  Altrimenti c’erano le loro camerette, la zona pranzo, la zona giochi, un piccolo cortile interno di cemento e, per i più grandicelli, la scuola, dove incontravano anche gli alunni esterni. Le finestre avevano le sbarre, i muri perimetrali il filo spinato: non una prigione per i bimbi, ma una difesa contro i delinquenti. L’apertura al mondo era costituita dalla televisione… Il tutto era tenuto molto bene, lindo, vivace, a misura di bimbo. Le suore non facevano mancare nulla… ma era un universo separato.

L’istituto ospitava molti bambini? Sì, tanti. Un’ottantina solo i piccolissimi, in età prescolare. Poi c’era la sezione separata per i maschietti della scuola elementare, mentre l’istituto femminile era da un’altra parte. Ma ne abbiamo visti arrivare almeno un paio in due settimane… per vie indescrivibili.  Quando li vai a trovare i piccoli ti si aggrappano alle gambe, i grandi ti fanno una corte spudorata. Sono momenti terribili; te li porteresti via tutti, soprattutto quelli di nove, dieci anni, con gli occhi tristi, che stanno perdendo la speranza di trovare famiglia…

I bambini adottati desiderano tornare a conoscere il loro Paese? Non possiamo rispondere per tutti. Darvin da tempo ha espresso questo desiderio e quando sarà il momento giusto lo accompagneremo anche in questo tratto di strada. È comunque importante per tutti almeno un “viaggio di ritorno”; alcune lacune non saranno mai colmate, ma questi ragazzi devono recuperare almeno quella parte della loro identità che è recuperabile: per esempio le informazioni sul loro passato. Il contatto con la terra di origine in questo senso è fondamentale.

Cosa direste a chi esprime un desiderio di adozione?
Sono scelte molto intime. Noi abbiamo optato per l’adozione perché volevamo evitare l’accanimento del figlio generato ad ogni costo, non volevamo sfiancarci psicologicamente e fisicamente con pratiche mediche invasive. Allo stesso modo, abbiamo vissuto entrambe le adozioni come un desiderio di accoglienza, una possibilità; in un certo senso, tu scegli di percorrere una strada e poi pensi: «Fin qui posso arrivare io con la mia volontà, poi, sarà quel che Dio vuole».
A chi ha dubbi possiamo dire che il cammino da percorrere è tale per cui le occasioni per indagare i tuoi desideri profondi e le tue risorse sono innumerevoli, proprio anche grazie al supporto dei servizi sociali. Conosciamo coppie adottive che avevano già prima un bambino e viceversa.
Quando ci vengono chieste le ragioni dell’adozione, ci capita di pensare che la domanda corretta è: «Perché no?». Anche quando ci è stato proposto il secondo abbinamento, con una bimba molto più piccola e più impegnativa di quello che era nei nostri piani, ci siamo chiesti: «Quali sarebbero le ragioni vere, valide per non accettare?»
Certo che poi i dubbi, le insicurezze si affacciano continuamente… Quando potremo dire che è andato tutto bene? Quando i ragazzi saranno adulti, avranno finalmente trovato la loro strada. Ma in questo non ci sentiamo diversi dagli altri genitori.

C’è anche chi, non avendo figli, ritiene che, se il Padre eterno non gliene ha dati, deve andare bene così. Ma a noi il Padre eterno ne ha dati: ben due! Torniamo a precisare che adottare significa esprimere una disponibilità, non andare a prendere un bambino!

Come è stato il ritorno in Italia la prima volta, con Darvin? Ha avuto difficoltà ad ambientarsi? Be’, si è dovuto adattare a tante novità: suoni, sapori, odori, ambienti… Innanzitutto il clima: Darvin appena arrivato ha conosciuto la neve! Dopo qualche diffidenza iniziale, è stato subito amore e a una decina di giorni dall’arrivo era già sugli sci.
Darvin da subito ha rifiutato totalmente lo spagnolo ed ha appreso un buon italiano nel giro di pochissimi mesi (con la complicità dei film di animazione…); era un modo per tagliare i ponti con una vita che gli aveva provocato parecchia sofferenza. Finché non siamo arrivarti in Colombia da Angy… da quel momento ha cominciato a “riconoscersi” ed oggi rimangono alcune parole e frasi in lingua spagnola che costituiscono il “loro linguaggio privato, esclusivo”.
Davanti alla Catedral Primaria - Bogotà
A primavera Darvin è stato introdotto alla scuola materna. Noi ci eravamo interessati alla possibilità che entrasse nella classe successiva, con i “piccoli”, per dargli il tempo necessario a recuperare tutte le inevitabili lacune con la massima serenità. Questi bambini presentano sempre un certo ritardo psicomotorio, dovuto alle condizioni di privazione in cui sono vissuti, che va affrontato con serenità e pazienza. Una serie di verifiche con la neuropsichiatra ci ha poi convinto a non fargli perdere un anno: ciò gli è costato un grande impegno e ha dovuto dimostrare tanta tenacia. Forse avremmo fatto meglio a seguire il nostro istinto…Con Angy, appunto, abbiamo fatto questa scelta.  

È così faticoso mettersi alla pari con i compagni? Un aspetto di cui c’è poca consapevolezza in chi non conosce il mondo dell’adozione è che l’abbandono per povertà è qualcosa di molto raro; tu non abbandoni tuo figlio perché sei indigente: piuttosto vai a rubare. Questi bambini provengono da realtà di enorme miseria morale, spesso hanno vissuto storie atroci e comunque hanno subito una qualche forma di violenza, quantomeno il rifiuto e l’incuria. Spessissimo sono bimbi tolti alle famiglie: i servizi sociali esistono anche nei paesi del Terzo Mondo. Accoglierli significa innanzitutto accogliere con grande delicatezza la loro storia, il loro dolore. Le competenze “scolastiche” vengono molto, molto dopo.

Avete mai pensato all’affido famigliare? Sì, ci abbiamo pensato. Prima di Darvin ci eravamo interessati, ma poi la cosa non è mai decollata. Non ci siamo sentiti a nostro agio con le prospettive che un affido può aprire: i rapporti con le famiglie di origine, la possibilità di un distacco totale e definitivo dopo aver condiviso molto; ma anche, per contro, il rischio di non sentire fino in fondo la responsabilità genitoriale quando subentrano le difficoltà grandi…

Come è iniziato il percorso per la seconda adozione? Dopo l’arrivo di Darvin è iniziato appena possibile poiché era un’aspirazione di tutti e tre.

Come arrivate in Colombia? Darvin aveva espresso il desiderio che venissimo indirizzati dall’ente (il CIAI, questa volta) in America Latina ed evidentemente gli psicologi hanno accolto questo suo bisogno di “ritrovarsi” in un fratello adottivo. L’integrazione a Premana, negli anni, non è stata sempre scontata: il nostro paese non è del tutto a suo agio con le differenze, nemmeno quelle somatiche.

Durante i colloqui con i servizi sociali vengono affrontati questi argomenti? Sì indubbiamente sono tutte situazioni con le quali vieni “costretto” a fare i conti prima, non ti colgono alla sprovvista. Tra l’altro la reazione della gente davanti alla diversità è qualcosa che i nostri bambini devono imparare a gestire, perché si ripresenterà per tutta la vita. Lo puoi fare se hai sviluppato una sufficiente autostima e se ti senti amato.

Si possono esprimere delle preferenze sul figlio adottivo?  Non si tratta tanto di esprimere preferenze, quanto di valutare a fondo le proprie disponibilità: cosa si è in grado di accogliere rispetto ad età, etnia, problemi di salute, gravità dei traumi vissuti… questi bambini sono sempre più spesso “special needs”, cioè bambini con bisogni speciali.

Dunque siete stati inseriti in una specie di lista di attesa colombiana? Sì, entri nella lista de espera straniera. Ci sono dei tempi di attesa lunghi prima che ciò avvenga: a quel punto ricevi una comunicazione direttamente dalla Colombia.
A giugno 2014, poi, veniamo chiamati per un colloquio di approfondimento. Ormai siamo abbastanza smagati da intuire che c’è dietro qualcosa… e infatti ci viene presentata Angy. A luglio abbiamo finalmente accettato l’abbinamento, ai primi di ottobre siamo partiti e siamo tornati con Angy a dicembre.

Il soggiorno in Colombia è stato piuttosto avventuroso… Due mesi secchi di cavilli legali! Il procedimento giuridico in Colombia parte all’arrivo dei genitori, sei tu che presenti la domanda di adozione. Ci sono stati momenti davvero duri: sedute un po’ kafkiane in tribunale, scomodissimi viaggi in auto di 400 chilometri fra Bogotà e Ibaguè, inutili tentativi di abboccamento con alti funzionari; sempre tutto con figli al seguito…  Però abbiamo vissuto anche tante giornate stupende: nel nostro bel quartiere di Bogotà e alla scoperta del Paese. La Colombia offre tantissimo in tutti i sensi; la sola Bogotà è una megalopoli di 10 milioni di abitanti. Al nostro arrivo ci siamo trasferiti a Ibaguè – la città natale di Angy - dove, nella sede dell’istituto del Bienestar Familiar abbiamo avuto un estenuante colloquio con lo psicologo señor Mauricio, che ha cercato in ogni modo di terrorizzarci; poi è avvenuto l’incontro. Molto teatrale, secondo il gusto e il carattere tipici dei colombiani, con tanto di torta e palloncini e la bimba agghindata come una principessa. Dopo una settimana abbiamo messo su casa nel vero senso della parola, in un appartamentino della capitale: alla fine ci sentivamo davvero Bogotanos.

Come ha reagito Angy? Decisamene se ne è infischiata della torta! Era stata preparata molto bene; ci aspettava, era consapevole di ciò che stava vivendo e ci ha accolti a braccia aperte. Da subito ha iniziato una vera love story con il «mi papito, mio amore!». Angy ha dei trascorsi molto pesanti, difficili da gestire ancora oggi, ma è stata da subito estremamente affettuosa e solare.

E Darvin come viveva la nuova situazione? Darvin è un ragazzino reattivo di fronte ai problemi; soprattutto se percepisce una difficoltà nei genitori, lui è incredibilmente positivo. Il fatto di dividere per la prima volta le nostre attenzioni con qualcun altro lo rendeva un po’ irritabile, ma lo sconforto riguardava semmai la mancanza dei compagni, del gruppo dei pari.
Stava vivendo un’esperienza umana molto forte: il contatto con la lingua, i sapori, il clima, simili a quelli della sua prima infanzia; la cultura che si respirava durante i nostri vagabondaggi; ma soprattutto il fatto di ri-vivere l’adozione attraverso la sorella. Tutto questo ha significato tanto per lui, a livello emotivo.
Le lungaggini che ci hanno fatto cambiare per ben due volte la data di rientro erano motivo di forte stress per tutti: ci siamo inventati perfino il «cartellone delle parolacce», dove scrivere gli improperi che ci venivano in mente per scaricare tensione e farci una risata sopra. A posteriori possiamo però dire che questo tempo lungo è servito: non solo a “fare i turisti”, è servito a “fare famiglia”.
Poi mantenevamo i contatti: skype, facebook, whatsapp… è stata un’adozione molto “social” questa; dal Guatemala, soli otto anni prima, eravamo riusciti a telefonare a casa una volta.

L’assistenza dell’ente è rilevante all’estero?  Noi ci siamo sentiti molto supportati: c’erano l’avvocato - una vera iena, la psicologa, con cui abbiamo instaurato un rapporto intenso, e Rodrigo, che ci aiutava nelle pratiche burocratiche. Tutti realmente organizzati e disponibili.

Ci saranno da sostenere spese notevoli… Si tratta dei costi amministrativi e di personale degli enti. Le tariffe sono trasparenti, pubblicate sul sito della Commissione Adozioni. Poi ci sono i costi di volo e di soggiorno, ovviamente a carico della coppia adottante. 
Non è un caso se le adozioni internazionali sono diminuite del 30% negli ultimi cinque anni. L’Italia rimane comunque il secondo Paese al mondo che adotta, dopo gli USA e seguita dalla Francia. Noi a Bogotà abbiamo trovato coppie da Genova, da Torino, da Napoli, da Roma… due di queste alla seconda adozione.

Sappiamo che avete incontrato anche suor Maria. Tradizione vuole che se viaggi in un Paese dove c’è un missionario premanese tu lo vada a trovare… La scuola delle suore era a una ventina di minuti di taxi da casa nostra, in un quartiere povero: dalle suore non ci aspettava solo un piccolo pezzo di Premana, ma una casa ospitale e un valido sostegno morale e pratico.  I bambini si sono affezionati subito; abbiamo festeggiato con loro il nostro 20° anniversario di matrimonio e, grazie a suor Maria, ci siamo messi in contatto con la scuola italiana di Bogotà per Darvin, che stava perdendo mesi di lezione.

Bagaglio leggero...
A Bogotá c’è una scuola italiana? Riconosciuta dal nostro Ministero. Ci sono tantissime scuole internazionali; l’istruzione privata è l’unica di qualità e i colombiani facoltosi si rivolgono lì. Come la sanità: quella privata è efficiente e all’avanguardia. Noi abbiamo ricoverato Angy in una clinica universitaria in seguito ad una gastroenterite: esami completi, consulti specialistici, igiene invidiabile, perfino una vestaglietta azzurra con il logo della clinica…con una buona assicurazione o una buona carta di credito puoi avere il meglio!

Dunque ci sono anche molti benestanti… La Colombia è dotata di grandi risorse e sta vivendo un forte sviluppo economico; poi però ci sono guerriglie, criminalità, economie illegali… e un divario sociale da paura, inaccettabile agli occhi di un europeo. I campesinos sono poveri e dignitosi, le baraccopoli delle città immense e terribili; ma i parchi dei quartieri buoni sono pieni di bambinaie in divisa, dog sitter che portano fuori esemplari di razza, giovanottoni accompagnati dal personal trainer e bimbi firmati da capo a piedi. La seguridad privata è ovunque; i centri commerciali di Bogotá offrono il meglio e a prezzi spesso più elevati che da noi!

Avete vissuto un Paese molto a fondo. Sì, per incontrare un luogo devi fare la spesa al supermercato di quartiere, andare dal medico, viaggiare sui mezzi di trasporto che usa la gente…senza intermediari.

Come concludereste questa chiacchierata? Un’adozione internazionale è un’avventura dell’anima, un’esperienza umana impagabile. Noi siamo una famiglia “sempre in völte”, ma ci piace così: non ci annoiamo.



lunedì 13 luglio 2015

COME STA IL "GIIR DI MÓNT"?

Una serata col Comitato Organizzatore

Quella che è stata pensata come una tavola rotonda in merito ad una delle manifestazioni più importanti del nostro paese, inizia col parlare del freschissimo video promozionale appena pubblicato in internet (firmato da Angelo Guarracino e Stefano Tagliaferri, gli stessi professionisti che si sono occupati di "Il mattino sorge ad Est", ricordate?). Qualcuno fa qualche appunto, i più lo apprezzano, ma il dato di fatto è uno: non si può più parlare di Giir di Mónt (GdM) senza parlare di internet. In una decina di giorni dalla pubblicazione, tra Facebook e Youtube (grazie anche ad una condivisione dell'amico Kilian Jornet) il video aveva totalizzato oltre 30.000 visualizzazioni.
Ma dopo l'inizio fuori scaletta, torniamo a noi e iniziamo il dibattito.

Iniziamo col fare una fotografia della situazione: quando l'anno scorso si è chiusa l'edizione 2014, cosa vi siete detti? È ancora bello? C'è ancora voglia di farlo? Nuovi obiettivi e stimoli?
La sera stessa si dice sempre che non vogliamo più farlo, ovviamente!! A parte gli scherzi, ogni anno è una sfida. L'esperienza c'è ed è preziosa, ma in pratica ogni anno si parte da zero, a cominciare dalla ricerca degli sponsor. Tutto parte dal bilancio preventivo.
Si può dire che ad agosto anche il Comitato GdM va in ferie, ma da settembre si riparte, e fino ad aprile siamo in fase di ricerca sponsor. È diventato un evento bello sostanzioso. Però voglia di fare ce n'è ancora.
Partenza 2006
Possiamo dire che il picco è stato il 2010 (Mondiale Assoluto), sia come standard organizzativo che come livello tecnico della manifestazione. Quell'anno ci siamo detti: dobbiamo mantenere questo livello eccellente, cercando però di snellire la macchina organizzativa. E possiamo dire che negli ultimi anni ce l’abbiamo fatta. L'esperienza ci permette di perdere meno tempo, ormai i meccanismi sono sempre più oliati, il paese stesso si ritaglia delle fette di autonomia (pensiamo a quello che fanno gli alpeggi, sia per i sentieri che per i ristori). Inoltre, spendendo qualcosa, abbiamo potuto esternalizzare alcuni servizi che occupavano tantissimo tempo (ad esempio tutta la fase delle iscrizioni: ora ci troviamo con gli ordini di partenza belli e pronti qualche giorno prima). Altro servizio di cui non ci occupiamo più direttamente è la gestione dell'ospitalità, demandata all'Agenzia Alta Valsassina.
Senz'altro ci sta aiutando molto la tecnologia; la velocità e l'immediatezza delle comunicazioni è un valore aggiunto anche per il Comitato stesso: ogni tanto si tengono dei mini-consigli su Whatsapp, anche se siamo già a letto!
Sulla gara in sé non c'è molto da fare: il percorso è quello, ormai storico, e non ci facciamo venire strane tentazioni (due giri, o al contrario...). Al limite si può parlare di eventi collaterali.

Se guardassimo le richieste, è la Mini che è sempre più in crescita. Il GdM, si sa, è gara durissima, e a livello amatoriale non è affrontabile da tutti alla leggera. Ecco quindi che chi vuole partecipare ad un evento ormai di rilievo nel panorama dello Skyrunning, spesso si orienta sullo sforzo minore (magari dopo essere stati esclusi già una volta dai "cancelli" della Lunga). Resta il fatto che per noi rimane comunque l'evento minore, in cui il livello tecnico medio è abbastanza modesto. Però vedono Premana, i suoi alpeggi, il tifo, il contesto, e apprezzano.

Per quanto riguarda il sostegno di Premana, di tutto il paese, a questa manifestazione, come lo valutate? È sempre avvertibile?
Il bello è quando l'ultima settimana arrivano a chiederti cosa devono fare. Oppure fanno in automatico, in autonomia (pensiamo ad esempio alla preparazione dei sentieri: ormai non la si chiede più, viene fatta e basta). Gli alpeggi sono un valore aggiunto incredibile: tanti piccoli gruppi che si coordinano col Comitato e diventano una spalla insostituibile. La base premanese c'è, appassionata e disponibile, la spinta del paese è ancora forte, l'unità di intenti avvertibile, anche da chi non è proprio un appassionato del settore. Si può parlare del Parroco che ci viene incontro con gli orari delle S. Messe domenicali e che ci mette a disposizione il Barin e l’area del campo sportivo per i parcheggi, o dei proprietari di terreni privati che oltre a permetterti di passare, tagliano il fieno (mentre in alcune gare si trovano magari obbligati a deviare il percorso...). Un anno, causa smottamenti, non si passava più al Lavinóon da Domànt; una decina di giovani volenterosi si sono adoperati e hanno sistemato il passaggio. Forse un passo avanti potrebbe essere quello di avere un gruppo di giovani che dia una mano tutto l'anno. Quasi un'associazione GdM! Ad ogni modo il nostro non è un comitato vecchio o stanco. Quest'anno due persone sono uscite ma sono state prontamente sostituite. E l'età media dei membri è inferiore ai 40 anni!

E dunque abbiamo fatto una fotografia di un GdM, della sua organizzazione e del suo contesto, ancora decisamente positiva, decisamente "in spinta" per utilizzare un termine da commentatore sportivo. Vediamo allora di parlare dei suoi limiti, dei miglioramenti auspicabili, di nuovi obiettivi... Avete accennato alla ricerca degli sponsor: è un problema anche da noi?
La difficoltà nel reperire sostegno economico non è una criticità solo del GdM, ma è diffusa in ogni contesto. Anzi: noi magari facciamo fatica, ma molte gare chiudono i battenti. Fondi pubblici ormai non ce ne sono più.
Si tratta certamente di uno sport povero, non troppo ricercato dagli sponsor tecnici (anche per il fatto che un corridore ha addosso poca roba... Ad esempio dietro allo scialpinismo c'è un mercato di consumatori decisamente più ricco ed appetibile). Qui a Premana si regge grazie soprattutto alle aziende premanesi, che contribuiscono, certamente non solo per il ritorno commerciale (forse irrilevante) ma piuttosto per l'attaccamento al paese e la passione per lo sport. Nonostante la crisi, abbiamo sempre avuto budget costanti, senza tagli dolorosi. Specifichiamo che il GdM ha una gestione finanziaria autonoma, si fa il passo (spese) secondo la gamba (entrate preventivate), e non si pesa mai sulle casse dell’ASP, le cui finalità statutarie sono legate all'attività giovanile.
Con in mano le entrate preventivate, inizi a decidere dove e come spendere. Un esempio: la diretta Rai è la voce di costo più importante, ed ogni anno ci chiediamo: la facciamo ancora? È utile? Di sicuro agevola nella ricerca degli sponsor, ma non va ad aumentare gli iscritti! Il canale promozionale da cavalcare ormai è il web. Ecco il perché del video promozionale con cui abbiamo iniziato questa chiacchierata.
Podio 2007 - Mejia, Jornet, Brunod

Certo che ci sono dei momenti della manifestazione che magari tanti premanesi non conoscono. Ad esempio solo l'anno scorso ho visto il briefing del sabato sera: veramente emozionante, un evento in sé. Oppure chissà in quanti non hanno mai visto la partenza o l'arrivo, o le premiazioni in palestra...
Vero... L'importante è che non venga mai meno la presenza massiccia lungo il percorso, che è il vero nostro elemento distintivo... Ci siamo chiesti anche noi se era il caso di dare sempre più lustro ai momenti organizzati in paese... Per ora le persone si distribuiscono comunque equamente un po' dappertutto, ed è quello che vorremmo sempre. Al massimo se siete curiosi di vedere anche cosa succede in paese, andèe sü e gió, oppure fate i turni nei vari anni! Anche lungo il percorso sono diversi i punti curiosi in cui assistere alla gara, e ognuno sceglie di tifare dalla postazione preferita, magari organizzandosi per vedere la gara in più punti, partenza e arrivo inclusi. Anche questo è un nostro punto forte, una pubblicità che porta tanti ad iscriversi alla gara. Ed è questa passione e partecipazione che abbiamo voluto che fossero evidenziate nel video di Guarracino e Tagliaferri. E ne siamo soddisfattissimi, perché il video trasmette le emozioni che ci aspettavamo.

Abbiamo parlato dei limiti alle spese imposti dai budget preventivi. Se non ci fossero limiti di budget, cosa si potrebbe fare? Quali sarebbero le potenzialità?
Briefing 2009
Alla base del discorso c'è il fatto che siamo di fronte ad una gara tecnicamente durissima, e questo non agevola nel raggiungere numeri elevatissimi di iscritti. Alla ResegUp, per fare un nome, può iscriversi chiunque, e fa numeri incredibili. Qui non può accadere (oppure dovremmo organizzare trasporti in massa per rientrare da Vegessa!). Attualmente chiudiamo le iscrizioni a 500, ma in realtà non è mai stato mandato indietro nessuno. Quindi la domanda e la disponibilità al momento coincidono. Oggi sono di moda i trail: dovessimo provare a fare un GdM in stile trail senza cancelli, con 12 ore di tempo massimo, probabilmente avremmo richieste incredibili, sarebbe coinvolto un diverso e più grande bacino di corridori (col rischio però che arrivi davvero di tutto...). Un'idea sarebbe quella di proporre il trail al sabato e la skyrace alla domenica. Certo, qui entrerebbe in gioco il problema logistico, che però, se ben guardiamo, è davvero insostenibile solo al mattino della gara dalle 5 alle 8, tra Casargo e Premana: tra atleti e accompagnatori 3/4000 persone in poche ore. A Premana Rivive l'Antico arriva più gente, ma meglio distribuita nel tempo. Questo è il problema logistico principale, che diventa un limite per qualsiasi idea che ci si ponga. Insieme al problema viario/parcheggi, poi si pone in seconda battuta quello della ricettività, dei posti letto, almeno per i top runner invitati e gli stranieri. Qui dobbiamo dire che ci salva il CFP Alberghiero di Piazzo (fino a 190 posti letto), altrimenti saremmo davvero messi male. Gli stessi alberghi dell'alta valle non mettono a disposizione posti letto perché privilegiano i clienti abituali. È pur vero che solo una minoranza di chi arriva può trovare ospitalità, anche se ci fossero altri 100 posti letto. Dunque, ripetiamo, il vero blocco è dato dallo spazio fisico che non c'è in paese.

Quindi in fondo in fondo non mirate ad una crescita dimensionale, visti i discorsi fatti...
Per certi versi ci va bene che la nostra non sia una gara da boom di iscrizioni in un giorno; pur in crescita tutti gli anni, rimaniamo per fortuna su numeri gestibili. Ce lo siamo detti più volte: c'è spazio per un miglioramento qualitativo (migliori servizi, migliore accoglienza, migliori premi...) molto meno per la crescita dimensionale. Aumentasse di molto la domanda, l'effetto sarebbe quello di poter agire sul costo dell'iscrizione, e quindi avere a disposizione un budget migliore a parità di partecipanti. E automaticamente la gara entra nella cerchia di quelle ricercate, di quelle in cui devi curare la data di apertura delle iscrizioni, poi entri automaticamente nell'elite. La crescita può avvenire in questa direzione: budget più alto, migliore qualità nella proposta, migliore promozione e visibilità, anche all'estero. Certo il livello qualitativo degli iscritti dipende anche da quello che offri loro. A Limone sul Garda, per fare un esempio, ai bade mighe a misérie, e invitano a soggiornare da loro gratuitamente decine di atleti tra i migliori al mondo. Qui siamo di fronte ad un benefit davvero notevole, che assomiglia notevolmente ad un ingaggio. Noi ovviamente non siamo in grado di farlo, le località turistiche rinomate possono giocare molto su questi aspetti (organizzando eventi in bassa stagione, quando i posti letto sono vacanti), anche per quanto riguarda i premi. Noi stessi non abbiamo mai offerto ingaggi, ma ci siamo chiesti più volte se fosse giusto un montepremi da € 18.000, ma realisticamente sappiamo che diminuirlo vorrebbe dire perdere molti top runner, col risvolto che anche l'amatore apprezza meno la gara, perché la sente meno famosa, meno importante (vuoi mettere partire in fianco a Kilian? Poi non importa se arrivi in Laréc quando lui taglia il traguardo...). Su questi aspetti la concorrenza tra le gare è spietata, chi si ferma è perduto.
Ad ogni modo, dal punto di vista strettamente sportivo, la gara sui 32 km. è quella, c'è poco da inventarsi. Al massimo si possono pensare eventi collaterali, ad esempio un trail come detto, o un vertical, tanto di moda.

E quindi dal punto di vista dimensionale si può dire che si è raggiunto un certo equilibrio. E come budget? Cosa succederebbe se un sostenitore consentisse un budget superiore del 20/30% all'attuale?
In fondo si parla sempre di budget, del problema dei fondi ecc., ma guardando bene, se in questo momento avessimo anche il 20/30% in più di budget, il GdM resterebbe sostanzialmente quello... Forse qualche fastidio in meno, qualche spesa che ti dà una migliore immagine, quello sì, ma analizzando bene possiamo davvero dire, in tutta modestia, che dal nostro punto di vista siamo quasi allo stato dell'arte sull'organizzazione, con grande merito, lo ripetiamo, di tutto il paese: dallo sponsor, agli alpeggi, al singolo che prende il suo decespugliatore e sistema il suo pezzo di sentiero. Tutto sommato i soldi che servono per una manifestazione ben organizzata li abbiamo sempre, sia pure faticosamente, recuperati. E dunque anche finanziariamente siamo in una situazione equilibrata, dove és pö mighe slargà gió, ma non dobbiamo fare grandi rinunce. Non dimentichiamo comunque che stiamo parlando di uno sport minore, povero, che interessa poco ai media e al grande pubblico. I miracoli non li fa nessuno, nello skyrunning non ci sarà mai una giornata tipo Mortirolo nel ciclismo! A Premana facciamo già numeri enormi rispetto allo sport di cui si parla.

Abbiamo già accennato alla possibilità di ridurre o limitare il numero degli iscritti, e ritoccare il costo dell'iscrizione. Sarebbe davvero fattibile? Farebbe entrare in una elite di gare?
C'è una gara in Spagna, Zegama, che potrebbe benissimo far correre 2000 atleti per gli spazi e i servizi che ha, e invece limita le iscrizioni a 400. Nel 2014 ha avuto 8000 richieste, e in tre anni ha triplicato il costo dell'iscrizione. Non dico che possiamo arrivare a questi livelli, ma qualcosa si potrebbe fare. Resterebbe poi il rischio di ricevere le critiche dell'amatore, che magari arriva da 15 anni, che poi ti accusa di guardare solo ai top, e di puntare solo a far cassa per aumentare il montepremi (dei top). È un ragionamento rischioso, e bisogna capire se e quando te lo puoi permettere senza fare un autogol. Le iscrizioni sono una grossa voce di entrata, e non possiamo permetterci di vederle calare, magari per un'errata strategia. Per ora abbiamo differenziato il costo dell'iscrizione in base ai tempi in cui avviene. Il vero sogno per aumentare il livello tecnico non dipende però dal budget, ma sarebbe legato alla possibilità di organizzare una gara a livello di Federazione in ambito CONI. Allora potresti organizzare una corsa solo per le nazionali al sabato, col massimo livello tecnico possibile, e la gara per amatori la domenica (anche se però, come già accennato, l'amatore apprezza, e molto, anche solo condividere lo spazio transennato coi big...). Con un discorso di questo tipo, potrebbero arrivare 50 atleti che stanno sotto le tre ore e mezza, mentre oggi sono dieci.
Premiazioni 2011

Dunque ci sarebbe ancora un bacino di atleti top, che non si è ancora riusciti a coinvolgere?
C'è l'eterno problema del conflitto, o perlomeno della sovrapposizione, tra Fidal e Fisky, dove la prima è affiliata al CONI e vi sono iscritti gli atleti della corsa in montagna, classicamente intesa, mentre la seconda è la "giovane" federazione dello skyrunning. In linea teorica per un atleta FIDAL di corsa in montagna, magari un nazionale, sarebbe addirittura vietato partecipare ad una corsa organizzata da Fisky. Nella realtà però i più forti atleti si fanno sentire, fanno valere i diversi montepremi e il forte richiamo (anche moda?) dello skyrunning, e dei divieti ogni tanto se ne infischiano (oppure ricevono il benestare... sottovoce...). I De Gasperi e i De Matteis sono esempi di casi simili, che siamo orgogliosi di avere avuto a dare lustro al GdM. Anche loro però non hanno potuto fare i miracoli. Uno si potrebbe chiedere il perché siano venuti a correre in uno sport... che non è il loro. La risposta sta nel forte richiamo che ha questo sport, e che ha soprattutto il nostro GdM. Questa è gente che ha meno di trent'anni, che corre sì, ma che apprezza tutto quanto c'è attorno alla gara, e i gemelli De Matteis hanno detto di non avere mai trovato una gara (pre e post gara inclusi!) così intensa, emozionante e coinvolgente. Ok la gara, ma qui tutti sono a casa loro, e apprezzano! (Già tanti aneddoti sono stati scritti anche sul Corno in merito!) Il sogno sarebbe avere, ad esempio, i De Matteis in una stagione in cui possano allenarsi su lunghe distanze. Loro ci hanno detto di voler tornare.
Il problema è che si tratta anche di specialità obiettivamente diverse, e gli atleti FIDAL, magari professionisti appartenenti a corpi militari, non possono non privilegiare le specialità a cui sono obbligati a partecipare, e anche se volessero, al momento non hanno la preparazione necessaria. Manca loro l'ultima ora di gara, è come chiedere ad un mezzofondista di fare la maratona. Di certo se fosse più chiaro e pacifico il rapporto fra queste due federazioni, di sicuro ci sarebbero atleti fortissimi che con la giusta preparazione e liberi di scegliere di allenarsi sulle lunghe distanze (e di andare dove ci sono i montepremi sostanziali...), ci farebbero ancora divertire sui nostri monti. Anche perché ribadiamo che il nostro tracciato tecnicamente è proprio da corsa in montagna. Il GdM forse è proprio una corsa in montagna lunga; il problema è che questo sport al momento... non esiste, e chi avrebbe i numeri per far stravedere non ha la possibilità di fare un allenamento specifico perché spinto in altre direzioni.
Ad ogni modo lo sport che tira a tutti i livelli, che fa i numeri, che attira le masse oggi è lo skyrunning, o comunque la corsa su lunghe distanze: speriamo che anche i vertici FIDAL prima o poi ne prendano atto, così da poter ammirare finalmente una sfida con tutti i più forti in gara, anche provenienti da mondi (sportivi) diversi.

Dicevamo quindi che, pensando strettamente all'evento sportivo, rimane ancora poco da inventarsi. E parlando invece di tutto il contesto in cui si muove l'organizzazione?
Abbiamo detto che per la domenica siamo praticamente alla massima capienza possibile per il paese. Per aumentare la visibilità si tratterebbe ora di creare eventi di contorno, durante tutta la settimana, oppure anche eventi distanti collegati al GdM, uno a maggio e uno a ottobre, ad esempio. Per la prossima edizione oltre alla gara e al briefing del sabato, il venerdì sera ci sarà una serata, sempre in piazza della chiesa, dedicata all'alpinista Simone Moro. Altra iniziativa parallela sarà il consueto gemellaggio con Telethon, e quindi il giovedì sera avremo ospite Nicola Codega, oriundo premanese, paraplegico a causa di un incidente, che ci parlerà del tema della disabilità e delle sfide nell'affrontarla (già autore del libro Sempre in piedi). Il tutto per offrire una settimana "piena", non limitata alla gara. Sarebbe bello organizzare una gara FIDAL di corsa in montagna al sabato per i ragazzi... O, come già detto, il vertical al venerdì... Sarebbe davvero interessante, e di percorsi ipotizzabili ne avremmo più di uno.

E il neo Presidente ASP Massimo Sanelli, cosa ci dice del GdM? Cosa ne pensa? Aspettative?
Credo che l'aspetto più importante per Premana, sia il richiamo che il GdM ha sui ragazzi, sia la passione che suscita, lo spirito di emulazione. Al momento nella corsa in montagna giovanile siamo una potenza a livello nazionale; lo scopo dell'ASP è la crescita del settore giovanile, e il GdM attrae il vivaio sicuramente, e di conseguenza fa appassionare non solo alla gara in sé, ma anche alla collaborazione nello sforzo organizzativo. Il ragazzo che fa le campestri e si appassiona, è poi lo stesso che a 15 anni va a sistemare i nastri lungo il precorso del GdM.

A vostro parere dove si può ancora migliorare? Cosa si potrebbe fare in più?
Il GdM porta a Premana davvero tante persone, è una dato di fatto innegabile. Se possiamo permetterci, a volte notiamo una certa freddezza da parte di alcuni esercizi commerciali che in fondo sono gli unici che beneficiano della manifestazione. Ecco, è un po' paradossale che le ditte di Giabbio, senza alcun ritorno commerciale, sostengano l'iniziativa con più convinzione di chi invece dalla manifestazione ricava anche dei benefici economici diretti. O addirittura capita di ricevere critiche perché l'allestimento della piazza danneggia più o meno rispetto ad un altr'anno... Non vogliamo che questo commento degeneri in polemica assolutamente, ma è un fatto storico a Premana (che non riguarda solo il GdM) la difficoltà nella collaborazione, nel dialogo, nel mettersi sulla stessa lunghezza d'onda, tra esercizi pubblici e iniziative con ricadute turistiche. Secondo noi su questo si può migliorare. In ambito alberghi, dalla Valsassina in su, ci si trova col paradosso che per qualcuno riservare posti è un fastidio, e qualcun altro invece si lamenta di non essere stato compreso tra le strutture consigliate. Dalla bassa Valsassina non proviene alcuna sponsorizzazione.

Giir di Mónt è ormai un marchio noto nel settore. Non si riesce a sfruttarlo per altre iniziative sportive e non, durante l'anno?
Partenza 2012
In altre realtà si fa: pensiamo al Sellaronda (invernale ed estivo), a Livigno si fa la Sgambeda, la Pedaleda e la Skieda. Ma avete presente di che realtà stiamo parlando? Avete idea di che budget abbiano (anche se poi faticano a trovare volontari...)? Si parla di diverse centinaia di migliaia di euro... E spesso hanno l'obiettivo di riempire settimane morte dal punto di vista turistico. Qui sì che le realtà economiche e turistiche sono ben collegate! Noi cosa potremmo fare? Piazzare una gara a maggio e una a ottobre? Oppure inventare altre manifestazioni collegate? Difficile. Bisogna anche dire che non sarebbe di nostra competenza però, stiamo uscendo da quelli che sono i nostri ruoli. L'aspetto extra sportivo ci appassiona e ci interessa, ma non può essere a nostro carico. Anche creare la segnaletica e la cartografia di un ipotetico trekking Giir di Mónt, da completare in due/tre giorni, magari con varianti, passando da rifugi, agriturismi o bed & breakfast sarebbe un'idea fantastica. Ma non possiamo pensarci noi. Già ci siamo occupati dei famosi triangolini arancioni disposti lungo il percorso (che i soliti noti... rubano!!), ma non si può andare oltre.


Ancora qualche spunto in merito ai risvolti promozionali per il paese?
Facciamo un passo indietro e torniamo alla diretta RAI. A nostro parere facciamo uno sforzo economico di cui non beneficia direttamente la gara, ma che va a vantaggio del paese intero. Un servizio televisivo in differita di mezz'ora o un'ora costerebbe meno della metà e sarebbe senz'altro più incisivo, ma non comprenderebbe tutte le immagini di contorno (alpeggi, artigianato, tradizioni...) che invece passano con la diretta. E quella è tutta promozione del paese. Abbiamo provato a contattare altri enti e associazioni per coinvolgerli in questo sforzo che, ripetiamo, non va solo a beneficio del GdM, anzi!, ma di riscontri positivi non ne abbiamo trovato. Ci è dispiaciuto, non lo neghiamo. Questo sforzo che facciamo con la diretta RAI, sinceramente ci sembra che vada molto oltre quello che sarebbe di stretta attinenza alla gara, ma facciamo fatica a trovare un sostegno, sia pubblico che privato. Chi potrebbe essere interessato alla diretta se non il Comune, l'Agenzia Alta Valsassina, la Pro Loco, gli operatori turistici? Ma forse ci lasciamo coinvolgere troppo da aspetti extra sportivi. Torneremo a pensare alla nostra (di noi premanesi) gara...